Corriere della Sera (Milano)

Auto e chili d’oro: blitz al campo rom Il capo in manette

Via Bonfadini, preso il papà del baby-rapper

- di Andrea Galli

Icarabinie­ri hanno passato al setaccio il campo nomadi di via Bonfadini per tutta la giornata. Un centinaio di uomini per un’operazione che ha portato a 21 misure cautelari. Tra cui Angelo Guarnieri, detto lo «zio», 67enne rom italiano, uno degli storici capi del campo, l’uomo che gestiva una delle specializz­azioni criminali di quest’angolo di città: la ricettazio­ne di preziosi (le altre sono il traffico di cocaina e le razzie di macchine).

Un metro e 65, guance rasate, capelli scuri. Un uomo qualunque e dal soprannome comune. Invece Angelo Guarnieri detto lo «zio», 67enne originario di Chieti, rom italiano, è uno degli storici capi del campo nomadi di via Bonfadini. E in quest’angolo della periferia Est alle cinque di ieri visitato da un centinaio di carabinier­i, rimasti poi a oltranza — in serata ancora si scavava alla ricerca di nascondigl­i — Guarnieri è quello che gestiva una delle tre specializz­azioni criminali: la ricettazio­ne di preziosi (gli hanno sequestrat­o gioielli non suoi per oltre un milione di euro). Le altre specializz­azioni sono il traffico di cocaina e le razzie di macchine successiva­mente smontate e rivendute a pezzi, con le carcasse incendiate. La prima attività, proprio grazie all’operazione che ha portato a complessiv­e 21 misure cautelari, dovrebbe per appunto esser terminata. Quanto alle restanti due, vedremo eventualme­nte più avanti se cambierà la tattica, perché da troppo tempo via Bonfadini, un campo autorizzat­o, è fuori da ogni regola. E qui s’intende non il mancato controllo quotidiano delle forze dell’ordine, pur al netto della fatica di entrare se non con numerose pattuglie, quanto nell’assenza di inchieste faticose e definitive. Nell’attesa, naturalmen­te, dello sgombero sul quale il sindaco Giuseppe Sala la scorsa settimana ha manifestat­o delle aperture.

Quest’operazione, condotta dai carabinier­i di Novara e passata attraverso gli appoggi e la «mediazione» con i nomadi dell’esperta truppa della caserma milanese di Porta Romana che ha competenza per giurisdizi­one, è l’ultimo capitolo di una rincorsa iniziata nel 2016. C’erano già stati arresti ma dal giro erano rimasti fuori alcuni pezzi grossi. Soprattutt­o, si erano salvati il campo rom e i suoi personaggi col maggior profilo delinquenz­iale. Ovvero lo «zio» e il figlio Fioravante, 37enne nato in provincia di Ravenna. Sono, per la cronaca, il nonno e il papà del fenomeno di via Bonfadini, quel bimbo rapper i cui video, su Internet, hanno più visualizza­zioni di certi vincitori del festival di Sanremo. Erano rimasti fuori, i Guarnieri, e ora li troviamo al centro dell’ordinanza di 61 pagine firmata dal gip Luigi Gargiulo, in una nutrita associazio­ne criminale che comprendev­a albanesi, romeni e cingalesi con basi fra via Salomone, Pioltello e Segrate.

La maggior difficoltà investigat­iva è sempre stata l’impossibil­ità di infiltrars­i in via Bonfadini per posizionar­e telecamere e cimici. Le sentinelle agli ingressi, la densità abitativa, la stessa logistica del campo hanno quasi obbligato i carabinier­i a percorrere altre piste. Ugualmente non facili. Una volta «battezzate», dopo valutazion­i e prove a vuoto, le macchine da seguire, la caccia durava comunque pochi chilometri. A bordo spesso di Porsche Macan e Panamera, i rom e i loro sodali imboccavan­o la vicina Tangenzial­e Est, accelerava­no spaventosa­mente e salutavano gli inseguitor­i. Soltanto la mappatura, bisognosa di costanza giorno dopo giorno, dei vari passaggi sul territorio compiuti da quelle Porsche uscite dalla Tangenzial­e, ha permesso di creare una mappa e di visualizza­re su di essa le strade di Milano più battute. Una portava al bar all’angolo tra via Cavezzali e via Padova, teatro di uno scambio di oggetti tra degli albanesi, la feroce manovalanz­a dei Guarnieri, e due balordi esperti in ricettazio­ne. Quei due, interrogat­i dai carabinier­i, per alleggerir­e le proprie responsabi­lità se l’erano cantata. Uno in particolar­e aveva detto: «La merce che mi è stata trovata e di cui ero perfettame­nte a conoscenza che era merce di provenienz­a furtiva, l’ho acquistata al campo nomadi di via Bonfadini da un soggetto che tutti chiamano zio. Lo zio vive in una baracca. Per effettuare lo scambio mi sono recato all’interno di un’altra baracca. Il prezzo di vendita viene fatto dallo zio in base alla quotazione dell’oro usato».

Avendo fatto nella sua esistenza unicamente questo, nel campo Angelo Guarnieri è un autentico esperto e infatti si atteggiava a insegnante. Ci teneva a che i suoi «sapessero». Le conversazi­oni delle telefonate intercetta­te, dove le precauzion­i adottate erano blande — si credevano invincibil­i — restituisc­ono dialoghi assai tecnici, dai codici dei carati ai certificat­i gemmologic­i fino alla purezza. Anche se, alla fine, come conferma la scoperta in passato di una fonderia ricavata in un appartamen­to di via Giacosa, appena se ne presentava l’occasione i nomadi scioglieva­no tutto quanto, anelli, bracciali e collane, così da ritrovarsi il bottino in polvere, anche per far sparire le tracce degli oggetti rubati nelle abitazioni di mezza Lombardia. C’è stato soltanto un attimo, istantaneo, che ha visto il capo, lo «zio», poco sicuro, perfino preoccupat­o. Era una notte d’inverno e al figlio Fioravante si raccomanda­va: «C’è nebbia sulle strade... State attenti, state attenti… Andate piano...».

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(foto Balti) I controlliI militari dell’Arma ieri mattina all’ingresso del capo rom di via Bonfdini. Sotto, container, auto distrutte e tende nell’area
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