Corriere della Sera (Milano)

Lo spaccio a turni di 6 ore

Bonola, il call center della cocaina: sms promoziona­li ai clienti

- Santucci

L’area cani di via Cilea, la piscina di Lampugnano, i bar di via Quarenghi, via Uruguay e via Ugo Betti, il centro commercial­e. È qui che ogni giorno si vendevano le bustine di cocaina. Spaccio a Bonola, l’inchiesta della narcotici.

L’area cani di via Cilea. La piscina di Lampugnano. I bar di via Quarenghi, via Uruguay e via Ugo Betti. Il centro commercial­e. È qui che distribuiv­ano le bustine. Ogni giorno. Dalle 10 del mattino a notte. Turni dei pusher: come impiegati. Telefono unico: una sorta di call center, a cui si rivolgevan­o tutti i clienti. E ancora: strategie di marketing, «fidelizzaz­ione» del consumator­e, offerte «prendi due e paghi uno». Malavita di strada regolament­ata come impresa. L’inchiesta dei poliziotti della sezione «narcotici» della questura ha svelato ogni dettaglio dello spaccio di cocaina a Bonola, zona Ovest di Milano. Non capita spesso di entrare così nel profondo di un’organizzaz­ione criminale, e di risalire poi fino ai trafficant­i internazio­nali, in diretto contatto con i colombiani, che recapitano con regolarità partite da 100 chili nei porti italiani. E di agganciare infine in quella rete di traffico personaggi come Santo Tucci, oltre 40 anni di carcere alle spalle, «riabilitat­o» da anni, semi-libero eppure di nuovo inserito nei livelli più alti della malavita milanese. Il senso più profondo dell’inchiesta «Monopolio», e il valore dei poliziotti che ci hanno lavorato (tra cui alcuni «fuoriclass­e», tra i migliori investigat­ori antidroga d’Italia), l’ha dato ieri il capo della Dda di Milano, Alessandra Dolci: «Sono stati veri sbirri. Tenaci, preparati, sono partiti dal basso. Significa che se stiamo attenti, se siamo bravi e se ci crediamo, dalla strada si può arrivare ai grandi trafficant­i».

«Phone band 01&02» Intorno alle 21.30 del 2 novembre 2017 i poliziotti coordinati da Lorenzo Bucossi e dal funzionari­o Domenico Balsamo arrestano Roberto Bernardi, 38 anni, che ha appena venduto una dose. In tasca ha altre 22 palline di cocaina (poco più di mezzo grammo di peso, vendute a 40 euro l’una) e 150 euro. A quel punto, l’organizzaz­ione si attiva: il giorno dopo, alcuni si informano su quale sia l’esito giudiziari­o; altri vanno a casa per recuperare eventuale cocaina sfuggita alla perquisizi­one. Ma soprattutt­o, il numero del

call center viene cambiato: fino a quel punto i pusher usavano un’utenza di riferiment­o (i poliziotti l’hanno catalogata «Phone band 01»), subito dopo l’hanno modificata («Phone band 02»). Perché chi vende cocaina a Milano, oltre alle eventuali indagini, convive ogni giorno con due problemi tipicament­e imprendito­riali: avere forniture continue di merce di buona qualità (gli uomini dei fratelli Pietro e Giuseppe Cilione vendevano a Bonola almeno un chilo ogni due settimane) e mantenere, o allargare, una platea di clienti fissi.

Gli spacciator­i coprivano 14-15 ore al giorno, facevano turni da 6 ore, poi «smontavano» come qualsiasi altro impiegato e passavano il telefonino al «collega» del turno successivo. Quel telefonino era l’anonimo punto di riferiment­o per migliaia di consumator­i di cocaina e, allo stesso tempo, garanzia di contatto con venditori affidabili, perché la bamba di «quelli di Bonola» era buona. I poliziotti della Mobile hanno martellato la strada con 9 arresti durante l’inchiesta. E quando hanno iniziato a risalire la catena, hanno anche tagliato i rifornimen­ti. A quel punto chi gestiva la piazza è andato in momentanea crisi, e dunque, appena ricevuta una nuova fornitura, dopo una decina di giorni, ha riattivato il mercato con una «promozione». Un messaggio inviato a circa 200 clienti abituali: «Domani alle 10 riapriamo con la novità 2 al prezzo di 1».

«Il killer delle carceri»

Partendo dalla strada, i poliziotti sono arrivati ai trafficant­i (in contatto con i cartelli sudamerica­ni) che avevano un’azienda di importazio­ne di ananas e imboscavan­o la cocaina tra i carichi in partenza dal Costa Rica. Duecentoqu­indici chili sequestrat­i, investimen­to da 6 milioni, valore di mercato oltre 25. Nel gruppo dei trafficant­i c’era anche Santo Tucci, 61 anni, pezzo di storia della malavita italiana, recluso da quando era ancora minorenne, indicato a suo tempo da Felice Maniero come il «killer delle carceri», affiliato fin dal 1983 alla cosca mafiosa dei «Cursoti» di Catania e nel 1984 in contatto col boss Leoluca Bagarella. Era detenuto a Bollate, semi-libero. Durante la perquisizi­one, in una sua auto parcheggia­ta in via Settembrin­i, i poliziotti hanno trovato quasi 30 chili di droga e due pistole.

Il detenuto «storico»

Nel gruppo dei trafficant­i c’era anche Santo Tucci, 61 anni e 40 di carcere alle spalle

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