Dal fantasma ex Borletti spunta un loft verticale
Oltre le immense finestre liberty della fabbrica anni Trenta tra via Costanza e piazza Irnerio, c’erano i laboratori Veglia. Qui negli anni Sessanta si costruivano tachimetri di precisione, contagiri, orologi. Marchio della Borletti, storica industria di macchine da cucire di una delle proverbiali famiglie dell’imprenditoria milanese, tra le altre cose fondatrice della Rinascente e primo sponsor dell’Olimpia del basket. Una parentesi produttiva tra la Milano che era ancora campagna, con il fiume Olona che qui formava l’«Isola Brera» interrato negli anni Trenta, i miracoli del Dopoguerra e l’epoca degli smottamenti industriali con l’avvento dell’elettronica, la vendita della ditta e la zona che, allo spegnersi delle ciminiere, pian piano lasciava spazio all’attuale beau quartier residenziale. Poi l’area venne spacchettata, sui terreni nacquero case, uffici, un albergo (il Marriott) e l’odierno complesso di via Washington tra Esselunga e Brico. Con la ristrutturazione che finisce anche nei vortici di Tangentopoli, tramite l’Ufficio condono comunale, la «fabbrica dei miliardi» in grado di «triplicare i valori dei palazzi».
A cavallo dei due secoli, l’ultimo, affascinante monumento ai tempi che furono, era rimasto il complesso di piazza Irnerio. Decenni di abbandono e di timori per i residenti per il continuo intrufolarsi di persone, in quello che fino all’altro ieri è rimasto un rifugio di disperati, tra finestre rotte, lucchetti forzati e catene. Decenni di progetti (i vecchi proprietari della Russotti finance volevano farne un Mariott a tre stelle), fino alla rinascita di oggi, sotto l’americaneggiante nome (privo di richiami alla Borletti) di Washington building.
Dopo mesi di sopralluoghi, analisi e bozzetti, a settembre sono partite le demolizioni e le bonifiche. La proprietà, lontana dai riflettori, è la Al.si.co. srl, acronimo di Albarello, Silva e Consolandi. E cioè Matteo Albarello, Ambrogio, Stefano e Giovanna Maria Silva (quest’ultima tramite la società Alg srl), parte della famiglia dei «saponi» (Quasar, Chanteclair, ecc.), e Federico Consolandi (sviluppatore di progetti milanesi come Garibaldi 123, Marco Polo e Porta Nuova Centro) con Porta Tenaglia srl attraverso la holding Next one.
Chiamato a progettare il nuovo building — e a battagliare «come un leone» per difenderne i tratti distintivi — l’architetto Daniele Fiori, in un incrocio di destini che l’ha riportato qui, laddove il suo maestro, il progettista Marco Zanuso, si era occupato dell’antica ristrutturazione. Obiettivo: non far perdere charme all’immobile, nonostante l’intervento pesante e l’assenza di vincolo monumentale. «Con le sue finestre e le sue altezze, questo palazzo è l’unico loft milanese, in verticale — spiega —. Da anni era nei radar di tutti gli immobiliaristi. Non recuperarlo sarebbe stato un delitto». Dal 2022 verranno consegnati i primi dei 96 appartamenti in mostra all’ufficio-showroom aperto in via Organdino.