In un clic il fascino sorprendente delle architetture abbandonate nell’hinterland e in Lombardia
La luce penetra dai vetri rotti, la muffa trasuda dai muri, la polvere ammorba i colori: fascino e stupore nelle immagini di Stefano Perego che, nel 2006, ha iniziato il suo viaggio fotografico. Le architetture abbandonate segnano il cammino dell’artista. «Ho iniziato alla ex Innocenti, racconta Stefano (classe 1984, nativo di Cernusco sul Naviglio), in quella che è una cattedrale di acciaio piena solo di ricordi. Sono un autodidatta e con la mia Canon ho imparato a scoprire le architetture dell’ hinterland milanese e della provincia lombarda dove, un tempo, pulsava la vita: ditte con i fantasmi degli operai, santuari senza preti, manicomi senza dottori». «Ogni palazzo, chiesa, laboratorio si sono prestati ad un’interpretazione che viene prima dall’anima e poi finisce nell’obbiettivo». È un percorso , quello di Perego, che si trasforma ma mantiene il segno. «Oggi, racconta il fotografo, mi dedico all’architettura modernista, al “Brutalismo”, quella tendenza maturata negli anni Sessanta, in cui gli architetti disegnavano imponenti immobili, grezzi, fatti di pesante cemento armato, con linee dritte e ispide: manufatti capaci di atterrire l’occhio ma anche di fare tendenza come la odiata e amata Torre Velasca». «I viaggi in Bosnia,in Serbia e nella ex Unione Sovietica — prosegue Stefano — mi hanno dato spunti altrove impossibili. Lì ho capito come un regime può rendersi presente anche nelle case, nelle facciate diventate alveari del popolo: un’idea di comunità senza confini. Le mie immagini raccolgono e rappresentano un’epoca e un’ideologia. L’architettura è un simbolo che raccoglie la storia e l’evoluzione di ogni gente. Voglio continuare ad esserne il testimone».