Corriere della Sera (Milano)

Condomini, un buco da 500 milioni

Sono 120 mila i residenti in ritardo con i pagamenti. Impennata degli affitti, i canoni in crescita del 6% Spese, record di morosità. Gli amministra­tori: ci usano come banche. Milano la città più cara

- di E. Andreis e M. Giannattas­io alle pagine 2 e 3

Doppio record per Milano: è la città più cara d’Italia per le spese condominia­li (171 euro al mese) e ha il record di sofferenze per morosità. Una famiglia su dodici non le paga, c’è mezzo miliardo di euro in sospeso.

Secondo una ricerca di Immobiliar­e.it appena uscita, Milano è la città più cara d’Italia, per le spese condominia­li: 171 euro al mese, contro i 92 di media nazionale, con picchi verso l’alto nelle zone di Pagano, Quadronno, Guastalla (sui 250 euro) e ribassi intorno ai 100 euro verso Ponte Lambro, Precotto o Corvetto. Un dato che va di pari passo con il record di sofferenze per morosità legate alle rate condominia­li che si registra entro i confini provincial­i. Una famiglia su dodici (l’8 per cento) non le paga, e la quota si allarga a una su quattro (il 25 per cento) se si consideran­o anche i residenti che saldano con ritardi consistent­i. Risultato, tra Milano e provincia, c’è mezzo miliardo di euro in sospeso. Costi arretrati da cui i palazzi non sono ancora riusciti a rientrare. Di quella somma, poi, cento milioni sono di morosità cronica: veri e propri insoluti che portano a ingiunzion­i, costosissi­me azioni legali e dopo anni, persino a pignoramen­ti.

Le stime dell’associazio­ne degli amministra­tori di condominio (Anaci), in collaboraz­ione con la società di consulenza immobiliar­e Sigest, disegnano un quadro difficile. «Qui non parliamo di edilizia popolare ma di edifici privati — spiega Leonardo Caruso dell’Anaci di Milano —. La crisi ha lasciato strascichi, e non soltanto in periferia. Si è creato un certo malcostume: le rate condominia­li sono le ultime che i milanesi onorano. Dovendo scegliere giocoforza dove rimanere in mora, l’Imu e altre tasse si pagano, le rate per l’amministra­tore restano indietro».

Portineria, pulizia degli spazi comuni, ascensore, riscaldame­nto e acqua centralizz­ata, magari anche palestra o piscina, specie nell’hinterland: «Il palazzo deve comunque pagare, la gestione è complessa» conferma Enzo Albanese di Sigest. Anche Fimaa, l’associazio­ne dei mediatori immobiliar­i, rimarca il fenomeno: «Non temo di esagerare se dico che in una compravend­ita su quattro c’è un problema di spese condominia­li arretrate. Tanto che spesso al rogito, gli acquirenti intestano un assegno al condominio invece che al venditore» spiega Lionella Maggi.

Chi prova a ridimensio­nare è Assoediliz­ia: «Le sofferenze severe non superano il sette per cento del totale da riscuotere — sostiene Achille Colombo Clerici, che guida l’associazio­ne —. La nostra città dimostra comunque una reattività particolar­e, l’ossatura resta il ceto intermedio ancorato alla propria casa. Eppure chi opera sul campo il problema lo sente, eccome». Un problema duplice, per Claudio Bianchini, nel settore da quarant’anni, che gestisce un centinaio di stabili: «Da una parte la lentezza degli iter giudiziari: se per arrivare al pignoramen­to ci vogliono quattro anni, le ingiunzion­i non spaventano, non servono da deterrente — rileva —. Dall’altra, quando anche si arriva alla procedura esecutiva, nella maggior parte dei casi ci sono creditori privilegia­ti. Il condominio resta con il cerino in mano, se va bene recupera il cinque-dieci per cento del dovuto». Ribatte Assoediliz­ia, per voce del segretario generale Cesare Rosselli: «Gli amministra­tori sono sempre più veloci nell’affrontare le morosità, tanto è vero che le procedure esecutive diminuisco­no. Le criticità, poi, si concentran­o dove c’è inerzia dell’amministra­tore. Dove cioè si cumulano debiti per diversi anni tanto che poi l’insolvente non è in grado di saldare le somme dovute neanche con un rientro rateizzato».

C’è molta differenza tra palazzi in mano ad un residente o una persona dedicata, e quelli dove il gestore è lontano e magari non sollecito nelle sue azioni, continua: «Nei primi, le sofferenze sono nettamente inferiori», assicura. L’amministra­tore dovrebbe agire in via giudiziale entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio in cui il credito è nato, salva dispensa dell’assemblea, e inibire all’insolvente la fruizione dei servizi comuni. «Se omette di curare con diligenza l’esecuzione coattiva — continua Rosselli — è passibile di revoca ed accusa per ‘gravi irregolari­tà».

Le stime di Anaci e Sigest, nero su bianco, danno la misura del problema. Tra Milano e hinterland, dicono, ci sono 120 mila appartamen­ti in difetto con i pagamenti: sono 330 milioni che mancano solo per le spese ordinarie (per il 70 per cento si tratta di arretrati da meno di un anno, il restante, circa 100 milioni, sono le morosità croniche). A questi si devono aggiungere almeno altri 200 milioni per le spese straordina­rie. Ma cosa sono? Cattive abitudini o difficoltà vere, a pagare?

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