Intorno alla Pietà
Nella mostra «Vesperbild» l’evoluzione dell’iconografia dal Medioevo tedesco al capolavoro di Michelangelo
Michelangelo aveva solo 24 anni quando, nel 1499, terminò di scolpire da un unico blocco di marmo la Pietà collocata in San Pietro. Il gruppo scultoreo era stato commissionato dal cardinale francese Jean Bilhères de Lagraulas per la tomba di famiglia, ma si trasformò subito in un’icona di fama internazionale anche grazie alle incisioni. L’ambizioso e giovane scultore era riuscito a trasformare un’immagine di devozione fino ad allora declinata in piccolo formato e secondo i canoni «barbari» del gusto nordico in un’opera dal respiro classico e monumentale, direttamente in gara con la grande statuaria greco-romana. Da quella sua prova sublime in poi, l’iconografia della Pietà divenne un affare italiano che eclissò la storia seco- lare della sua origine tedesca.
È questa la vicenda raccontata dall’imperdibile mostra che s’inaugura questa sera al Castello nelle sale dell’Antico ospedale spagnolo, dal 2015 dedicato all’ultima delle sculture michelangiolesche, la Pietà Rondanini, e che in questi tre anni ha ospitato una serie di straordinari approfondi- menti sul genio fiorentino.
Curata da Antonio Mazzotta e Claudio Salsi, in collaborazione con Agostino Allegri e Giovanna Mori, la rassegna offre subito al visitatore un colpo d’occhio spettacolare con il calco della Pietà vaticana in fondo a un corridoio prospettico cui si sovrappone visivamente, in primo piano, una scultura lignea del 1380 proveniente da Francoforte, una delle più antiche sopravvissute. L’origine dell’iconografia della Pietà nasce infatti nell’ambito domenicano di Colonia nel XIV secolo. Non ha alcun riferimento testuale nei Vangeli tanto che i tedeschi, per spiegare in quale punto della storia sacra andasse inserita, le diedero il nome di Vesperbild, «immagine della sera», quando cioè il corpo di Cristo venne calato dalla croce e adagiato sulle ginocchia della madre. All’origine ci sono probabilmente rappresentazioni sceniche e testi per la meditazione, ma successivamente l’immagine si diffuse prima in scultura e poi in pittura. In Italia arrivò nella seconda metà del 1300 e la prima testimonianza che conosciamo è la tavola, esposta in mostra, dipinta nel 1368 da un pittore bolognese per un devoto tedesco. Nel XV secolo la Vesperbild dilaga con grande successo e in Italia prende il nome di Pietà, spostando l’accento dalla descrizione temporale della scena al suo contenuto sentimentale.
Col tempo, nei contesti nostrani, vengono aggiunti dettagli di ambientazione come il sepolcro, il Golgota, gli strumenti della passione, e si arriva persino, come dimostra il dipinto del Giambellino, a mescolarne l’iconografia con quella della Madonna col Bambino. Ma proprio alla fine del Quattrocento la Pietà di Michelangelo arrivò a sbaragliare tutte le altre e ne divenne il nuovo paradigma messo in crisi, oltre sessant’anni dopo, solo dallo stesso artista che, con la Pietà Rondanini, tornò alla radicalità delle origini tedesche.
Ma questo sarà il tema di una prossima mostra. Prima verrà il cinquecentenario dedicato a Leonardo e Michelangelo dovrà farsi da parte per lasciare il palcoscenico al vecchio concittadino rivale.