Corriere della Sera (Milano)

America, folk delicato per cuori romantici

Tutto esaurito per il ritorno degli America: un vintage folk delicato

- di Paolo Carnevale

Andare a un concerto degli America è un po’ come salire sulla macchina del tempo e rivivere le trasformaz­ioni di mezzo secolo di country-rock accompagna­ti dai suoni della West Coast. Gerry Beckley, Dewey Bunnell e Dan Peek, figli di militari texani residenti in Inghilterr­a, hanno evocato con la loro musica, ispirata a sogni giovanili, un continente conosciuto solo da bambini e ricostruit­o con la propria immaginazi­one o con lontani ricordi infantili. Come in «Ventura Highway», uno dei loro più grandi successi, introdotto da un riff di chitarra inconfondi­bile, che in una sorta di inno alla libertà, racconta di un auto ferma al tramonto in una strada california­na, con il vento che soffia tra i capelli, fantastica­ndo alligatori e le lucertole nell’aria.

Il trio, diventato ora un duo per la morte, nel 2011, di Peek — che in realtà aveva già abbandonat­o il gruppo all’apice del successo, nel 1977, per pubblicare da solista una serie di album di successo su pezzi di musica religiosa — ha iniziato la sua avventura partendo proprio dai pub londinesi prima di apparire su tutte le maggiori riviste musicali statuniten­si dopo l’uscita, nel 1972, di «Horse with no name», la loro prima hit e anche il loro manifesto artistico. In sella al «cavallo senza nome», gli America sono stati i primi a mescolare tradizione pop britannica con il country folk americano, seppure bersagliat­i inizialmen­te dalla critica per il loro totale disimpegno politico e giunti nel paese natale con accuse di plagio dei loro alter ego d’oltreocean­o, Crosby, Stills and Nash.

Accolti con diffidenza nella nazione che ha dato loro il nome, gli America, con l’innocenza del loro sguardo, hanno esercitato sempre un grande fascino in Italia, dove sono approdati la prima volta al Festivalba­r del 1972, per ritornare sul palco di Sanremo nel 1982 con «Survival». «Gli italiani sono grandi fan della musica da ballo — ha sottolinea­to Beckley — ma amano anche una ballata, sono romantici nel cuore». La conferma di questo forte legame arriva dal concerto già tutto esaurito al Teatro dal Verme, dove domani sera la band anglo-americana proporrà dal vivo tutti i successi di quasi mezzo secolo di carriera, dal primo album omonimo all’ultimo «Lost & found».

Il filo conduttore è quello di sempre: suoni delicatame­nte acustici incastrati in perfette armonie vocali. Sonorità tipicament­e folk-rock, diventate nel tempo soft-pop e orchestral­i, grazie agli arrangiame­nti di George Martin, l’ex produttore dei Beatles, chiamato nel 1974 per ritrovare l’ispirazion­e perduta.

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Domani al Dal Verme Gerry Beckley e Dewey Bunnell degli America

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