Bruciati rifiuti illeciti appena scoperti
Via Chiasserini, pochi giorni fa i controlli e la scoperta Inchiesta per incendio doloso. Altre fiamme a Novate
Nel deposito bruciato domenica in via Chiasserini alla Bovisasca ispettori e agenti della polizia locale avevano scoperto 16 mila metri cubi di materiali pericolosi accatastati in cumuli alti fino a dieci metri. I titolari della ditta di stoccaggio non avevano mai ottenuto le autorizzazioni per il recupero dei rifiuti. Fiamme anche a Novate Milanese.
Cento ore prima che le fiamme avvolgessero da più punti il capannone di via Chiasserini, gli ispettori della direzione Ambiente della Città metropolitana e gli agenti della polizia locale avevano scoperto cumuli alti quasi dieci metri di rifiuti speciali e pericolosi. Sedicimila metri cubi di materiale (plastica, gommapiuma, stracci e carta) che in quell’area non solo non dovevano essere smaltiti, ma neppure potevano entrare. Perché i proprietari non avevano mai ottenuto le autorizzazioni per il recupero dei rifiuti. Ma ancora prima che l’informativa venisse protocollata dalla Procura le fiamme hanno distrutto ogni cosa. E ancora bruciano, con una colonna di fumo che ha invaso la Bovisasca e Quarto Oggiaro rendendo l’aria irrespirabile e facendo temere rischi per la salute pubblica.
Le fiamme a Novate
I pericoli per il momento sono stati esclusi dall’Arpa e dai vigili del fuoco, anche se i dati sulla diossina non arriveranno prima delle prossime ore. E soprattutto occorre considerare che le fiamme non sono ancora state domate e i pompieri hanno stimato in altri cinque giorni di lavoro il tempo per arrivare al completo spegnimento. A questo si aggiunge un secondo rogo «sospetto» scoppiato domenica sera alla «Rielco» di Novate Milanese, un chilometro in linea d’aria da via Chiasserini, alla ditta «Rieco» di via Beltrami. Già interessata da altri roghi in passato. Anche in questo caso — come ha spiegato l’assessore regionale all’Ambiente Raffaele Cattaneo — c’era stata un’ispezione da parte dell’Arpa, anche se non erano state riscontrate criticità.
Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha parlato di una «Lombardia nuova Terra dei fuochi». Frase contestata sia da Cattaneo sia dal vicesindaco Anna Scavuzzo e dall’assessore comunale Marco Granelli, secondo i quali proprio il fatto che entrambe le aziende fossero nel mirino dei controlli, e che nel caso di via Chiasserini siano state bloccate le autorizzazioni, confermerebbe «l’efficacia del lavoro preventivo delle istituzioni». Quel che è certo è che sarebbero quasi una ventina i roghi nei siti lombardi di stoccaggio e smaltimento rifiuti negli ultimi due anni. E soprattutto solo pochi giorni fa c’è stato l’arresto dei responsabili dell’impianto abusivo di Corteolona nel Pavese, incendiato per «coprire» un traffico di rifiuti.
Il fascicolo aperto L’indagine sul rogo di via Chiasserini è affidata alla squadra Mobile, diretta da Lorenzo Bucossi, e agli investigatori di polizia giudiziaria del comando provinciale dei vigili del fuoco guidati dal comandante Carlo Dell’Oppio. A coordinare l’inchiesta il pm Donata Costa che ha aperto un fascicolo contro ignoti per incendio doloso. Per avere conferma sull’ipotesi del dolo bisognerà attendere la prima relazione dei tecnici che verrà depositata nelle prossime ore. Le pareti laterali del capannone sono crollate quasi in contemporanea, segno che le fiamme si sono propagate in tutta l’area praticamente nello stesso momento.
Le indagini puntano una pista precisa fin dalle prime battute. Ed è quella di un incendio doloso appiccato per far sparire le tracce (o quantomeno rendere non riconoscibile) il materiale che si trovava all’interno
Prevenzione Comune e Pirellone: le autorizzazioni erano bloccate grazie al lavoro delle istituzioni
dell’edificio. A questo va aggiunto quanto raccontato dai responsabili dei vigili del fuoco che hanno spiegato come domenica sera l’impianto antincendio della ditta non fosse in grado di fornire acqua. Elemento che ha complicato ancora di più le operazioni di spegnimento.
Soldi e autorizzazioni Per ricostruire i fatti bisogna però riannodare il nastro di qualche mese. L’area di via Chiasserini 21 è occupata dalla azienda «I.p.b. srl», società che si occupa di demolizioni, bonifiche e anche di recupero di rifiuti edili. L’azienda, aperta nel 1997 e di proprietà della famiglia Pettinato, la scorsa primavera ha deciso di cedere un ramo d’azienda.
La «I.p.b. srl» naviga in acque agitate, i documenti finanziari parlano di una perdita d’esercizio per oltre 185 mila euro. Così i Pettinato «cedono» una parte di attività ad una società quasi gemella la «I.p.b. Italia» che ha sede a Roma e uffici a Cureggio, vicino a Borgomanero in provincia di Novara. L’atto è del 28 febbraio. La «I.p.b. Italia» (i soci sono diversi) si occupa di rifiuti ma non ha le autorizzazioni che sono rimaste in seno alla società «cedente». Così gli amministratori si rivolgono alla Citta metropolitana per una «voltura» delle autorizzazioni ambientali. L’iter inizia prima dell’estate ma da subito i tecnici oppongono un prediniego: manca la fideiussione da un milione di euro necessaria in base alle norme per
«coprire» eventuali danni provocati all’ambiente. Qualcuno in queste ore ha parlato di un documento falso o irregolare. Quel che è certo è che la fideiussione non è mai arrivata.
A fine luglio i tecnici della direzione Ambiente fanno un sopralluogo nel capannone: l’area è vuota, tutto è regolare. Ad ottobre però sono i vecchi titolari a confidare ai vigili che la ditta è piena di rifiuti. Il nuovo blitz scatta giovedì. A accogliere tecnici e agenti di polizia locale c’è un «addetto». È lui ad aprire le porte del capannone. Dentro i rifiuti arrivano quasi al soffitto. Quattro giorni dopo brucia tutto. In una notte di fiamme nella Lombardia dei fuochi.