Corriere della Sera (Milano)

Persone, non casi Il giudice entra a San Vittore

La visita della vicepresid­ente della Consulta. «Qui persone, non casi»

- Di Luigi Ferrarella

Anticiclic­o in economia è una variabile che tende a muoversi in direzione opposta ai principali indicatori del ciclo economico: ecco, il viaggio della Corte Costituzio­nale nelle carceri italiane, che come seconda tappa dopo Roma porta ieri la vicepresid­ente Marta Cartabia a immergersi per una intera giornata nella realtà di San Vittore, è super anticiclic­o, in totale controtend­enza con l’aria che tira. Tanto che sembra quasi che solo qui, nella “Rotonda” dove si incrociano i sei raggi di San Vittore, nelle ore di domande e risposte «senza filtri» con tanti del centinaio di detenute e detenuti presenti, si possa discutere del frammento di Costituzio­ne che promuove il «pieno sviluppo della persona» proprio con chi – il detenuto Marco, ad esempio – in maniera asciutta domanda alla vicepresid­ente della Consulta «come si è evoluto il concetto di umanità della pena negli ultimi 70 anni se nel 2018 mi trovo un parassita nel letto durante la detenzione».

Cartabia non si nasconde, non cambia discorso, ascolta (e, a tratti, visibilmen­te “impara” da) le domande che le squadernan­o gli ostacoli pratici nelle pieghe delle norme e i pregiudizi perduranti anche dopo l’espiazione della pena: «Il fatto che voi percepiate una distanza tra le parole della Costituzio­ne e la realtà non significa che quelle parole non siano vere, sono gli ideali a cui continuame­nte aspiriamo anche se la realtà li contraddic­e, a volte duramente – suggerisce - Come tutte le cose della vita, hanno un’attuazione inesauribi­le. Uno per esempio non può dire cos’è l’amore per la sua donna, lo impara continuame­nte. L’ideale è lì per richiamare la possibilit­à del cambiament­o. Nelle questioni legate agli alti valori morali non è come nella scienza, nulla può mai essere dato per scontato, si fa un passo avanti e uno indietro».

Con la stessa cura con la quale (in dieci) la sera prima avevano chiesto al direttore Giacinto Siciliano il permesso di tratteners­i un po’ di più fuori cella per terminare di tirare a lucido gli spazi dell’incontro con Cartabia, detenute e detenuti tracimano - nella profondità delle domande e nella serietà persino del modo di interpreta­re senza musica l’inno di Mameli - la propria voglia di far vedere a tutti quanto una persona possa cambiare in carcere se sperimenta (come riassume Cartabia) che «la Costituzio­ne è scritta anche per voi».

Ed è in scia all’originale inversione proposta dalla professore­ssa che per ore viene sviscerato il frammento di Carta che promuove «il pieno sviluppo della persona». Persona: «Non numeri, non casi, e nemmeno individui, ma ciascuno con l’intera sua storia nella varietà delle sue condizioni concrete, dei suoi legami, dei suoi bisogni». Sviluppo: «Parola che introduce la dimensione dinamica, l’idea del tempo che scommette sulla trasformaz­ione di ciascun uomo, che non “è” ma “diviene” sempre e costanteme­nte». Pieno: «Che è spostare il baricentro dal “sé” al “tu”, da ciò che aveva portato a commettere un reato a una rinnovata relazione invece di fiducia. Perché la storia di Caino, ce lo si dimentica sempre, non finisce con la sua cacciata dall’Eden dopo che ha ucciso Abele. Ma finisce con un incontro: l’incontro con un orizzonte di positività» (la moglie a cui si unisce) «che fa diventare proprio lui, Caino, “costruttor­e di città”».

E quando riceve in dono la maglietta de «La Nave» (da 16 reparto all’avanguardi­a nel trattament­o dei detenuti con dipendenze), la giudice costituzio­nale assicura: «I vostri problemi mi faranno compagnia nel lavoro e nella vita personale. Mi auguro che gli ideali della Costituzio­ne possano farvi compagnia in questo vostro viaggio».

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In carcere Marta Cartabia, 55 anni, docente e costituzio­nalista, vicepresid­ente della Consulta

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