Il campetto cancellato dalla burocrazia
Città Studi, contesa tra funzionari sull’area in affitto: va restituita, demolite l’impianto
Un campo da basket, rastrelliere per le bici con tettoia, panchine: tutto da demolire. Perché realizzate dall’ex Provincia su un’area comunale per decenni in uso al liceo Donatelli-Pascal che l’attuale Città metropolitana non vuol più prendere in affitto. A niente serve la proposta di lasciare le attrezzature in dote al quartiere: gli uffici del Comune chiedono il rispetto alla lettera del vecchio contratto.
Il buonsenso è spacciato quando si va a schiantare contro l’ottusità della burocrazia. La letteratura in merito in Italia è ampia. E anche la Milano smart e innovativa non è ancora vaccinata ed esente. Succede così che il Comune che inaugura campetti di basket e rastrelliere per le bici non riesca a salvare un playground e un parcheggio per le due ruote che la Città metropolitana (guidata tra l’altro dallo stesso sindaco) le lascerebbe volentieri in dote — anche solo per ragioni squisitamente economiche — e per il rispetto di un codicillo d’un vecchio contratto ne chieda anzi la demolizione. Tutto ruota attorno a un piccolo terreno dalle parti di Città studi. Duemila metri quadrati scarsi tra viale Campania e via Terenzio, a fianco al liceo scientifico DonatelliPascal. Da quarant’anni Palazzo Marino, che ne è proprietaria, lo concede in affitto all’ex Provincia che nel tempo ne ha fatto una palestra a cielo aperto per gli studenti. Pavimentazione sintetica, campetto da basket/calcetto recintato, panchine, verde, passaggio pedonale e parcheggio per le due ruote coperto da tre tettoie. Tutto da buttare, secondo gli uffici di piazza Scala.
I quattro anni di rimpalli di responsabilità tra i tecnici comunali sono ben raccontati in un atto dirigenziale che suona quasi come una confessione. I primi passi sono del 2014, a qualche mese dalla scadenza dell’ultimo contratto firmato cinque anni prima. La macchina inizia a muoversi per il rinnovo. Il canone è 6mila euro l’anno. La Provincia già in crisi finanziaria decide di farne a meno «in quanto le palestre di cui dispone l’istituto scolastico sono in grado di garantire lo svolgimento delle ore di Educazione fisica». Ma il liceo si fa avanti comunque, e ne chiede la gestione gratuita. La giunta comunale acconsente: nel 2015 delibera di sollevare l’ente di via Vivaio e la scuola dalla spesa. Il Demanio assegna la pratica alla Direzione Sport affinché provveda «alla successiva concessione in uso gratuito al liceo».
Inizia il blackout. Gli uffici dello Sport rispediscono indietro il dossier: l’area «non è un impianto sportivo ma (...) un’area sportiva» e quindi, precisano, di competenza del Demanio. Un anno dopo i tecnici devono prendere atto che la scuola «non fruisce di una concessione in uso gratuito in quanto il Settore Sport non ha mai dato corso alla deliberazione di giunta». Nel 2017 contattano allora la subentrata Città metropolitana per rinnovare un contratto oneroso.
Il nuovo ente declina l’offerta, sollevando un problema: «È pur vero che l’articolo 11 del contratto di locazione prevede la riconsegna dell’area libera sgombera da persone cose e manufatti, ma alla luce dell’opportunità di poter conservare impianti quali il campo da basket, costruito dalla Provincia, e rastrelliere per biciclette per l’utilizzo della collettività della zona ed evitare ulteriori costi necessari per lo smantellamento dei suddetti manufatti, si è chiesto a codesto Comune il mantenimento delle suddette strutture». Nessuno in piazza Scala sembra però volersi far carico dell’onere della decisione. A fine 2017 l’Area Patrimonio rilancia la palla allo Sport con il mandato di «visionare l’impianto e di verificare la possibilità o di mantenerlo o di imporre alla Città metropolitana la riconsegna dell’area libera». La risposta, 72 ore dopo, ribadisce che «l’Area Sport non è interessata alla presa in consegna dell’area». Si arriva all’atto appena firmato: la scelta di rispettare fedelmente il contratto. Toccherà alle ruspe far tornare l’area «libera, pulita, sgombera da persone cose e manufatti, anche interrati, senza alcun onere di risarcimento o indennizzo a carico del Comune».