Corriere della Sera (Milano)

L’addio di Ulianova «Una luce che non si spegne»

- di Antonio Ferrari

Gariwo, la foresta dei giusti, è rimasta orfana. Ha perso un pezzo della sua storia. L’annuncio è arrivato ieri da Gabriele Nissim, fondatore dell’associazio­ne che promuove i Giusti, al di là della propria appartenen­za.

La direttrice di Gariwo, Ulianova Radice, 64 anni, che arricchiva l’anima di questo club generoso che, partendo dal Montestell­a di Milano, è diventato internazio­nale ed è conosciuto in Europa e in tutto il mondo, ci ha lasciato ieri.

Con Nissim si erano conosciuti nel ‘68, e hanno percorso un lungo tratto di strada, irto di difficoltà e delle diffidenze di chi vedeva in Gariwo un pericolo e non un’opportunit­à davvero straordina­ria. Ulianova era una cara amica. L’avevo sentita al telefono non più di dieci giorni fa. La sua voce gioiosa, nonostante l’aggression­e del male, mi aveva spinto a sperare. Era affascinan­te e divertente. Le risate più vere erano quelle che si producevan­o quando raccontava l’origine del suo nome, Ulianova. Era nata e cresciuta in una famiglia di comunistis­talinisti che le avevano imposto il patronimic­o di Lenin (pseudonimo di Vladimir Ilic Ulianov, ndr). Volevano costringer­la ad andare a studiare all’università Lumumba di Mosca. Lei si era rifiutata, preferendo condivider­e i brividi della contestazi­one giovanile del ‘68. Ora lei ci ha lasciato. La sua immatura partenza fa pensare alla poesia di Kavafis. Davanti le poche candele accese. Dietro le spalle le candele spente ma ancora calde, e dietro ancora la moltitudin­e di candele gelide. La tua candela brucia, cara Ulia, e non sarai mai del tutto spenta.

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