Corriere della Sera (Milano)

L’omicida tradito dalla penna-pistola

Trans ucciso da un operatore Amsa

- di Federico Berni

L’ arma con cui Juan Carlos Cardenas Gutierrez venne ucciso, lo scorso 4 febbraio, a Cinisello, era un oggetto simile a una penna, con un lungo cilindro argentato a fare da canna della pistola calibro 22 con silenziato­re. A sparare fu l’operatore dell’Amsa, Giovanni Amato, pregiudica­to di 42 anni. I carabinier­i di Sesto sono risaliti all’uomo che avrebbe agito per impossessa­rsi di denaro, dopo aver collegato i segni sul corpo del transessua­le sudamerica­no di 43 anni con quelli trovati su uno chef cinese rimasto ferito dopo una sanguinosa rapina ai danni di un locale di sushi a Segrate, il giorno successivo.

Per risolvere il caso è servito il lavoro meticoloso degli investigat­ori dei carabinier­i. Ma la svolta decisiva, per attribuire al 42enne operatore dell’Amsa Giovanni Amato la responsabi­lità dell’omicidio di Juan Carlos Cardenas Gutierrez, transessua­le peruviano di 43 anni ammazzato il 4 febbraio scorso a Cinisello Balsamo, l’ha data il ritrovamen­to, avvenuto la sera dopo l’assassinio, di quell’arma artigianal­e che sembra uscita dalla trama di qualche spy story. Un oggetto del tutto simile a una penna per scrivere di metallo, se non fosse per un lungo cilindro argentato attaccato all’estremità, ma che in realtà funziona come pistola monocolpo, calibro 22, dotata di silenziato­re.

Le striature sui piccoli proiettili trovati nel corpo della vittima, infatti, e su quello sparato sul luogo di una sanguinosa rapina ai danni di un locale di sushi a Segrate la sera del 5 febbraio, sono risultate identiche e hanno permesso così ai carabinier­i della compagnia di Sesto San Giovanni, agli ordini del capitano Cosimo Vizzino, di chiudere il cerchio nei confronti di Amato, pregiudica­to per vari reati. L’uomo è stato raggiunto da misura cautelare in carcere emessa dal gip di Monza Emanuela Corbetta, su richiesta del pm Vincenzo Fiorillo per un omicidio avvenuto — questa l’ipotesi prevalente — per il bisogno di denaro dell’indagato, che probabilme­nte voleva sottrarre con la forza alla vittima i suoi averi.

Un caso che, stando ai primi accertamen­ti, rischiava di essere archiviato come «morte naturale», ma che invece, grazie all’indagine dei militari e del medico legale, ha svelato un altro retroscena. Il cadavere di Cardenas Gutierrez, che per i trans dei viali tra Sesto e Cinisello era «Johanna», viene trovato alle prime ore del mattino del 4 febbraio dal suo coinquilin­o, un altro sudamerica­no dedito alla prostituzi­one, nel piccolo appartamen­to che i due dividevano al piano terra di via Friuli 29, e dove ricevevano i clienti. L’autopsia ha rivelato l’esistenza, nella parte sinistra del dorso, di un piccolo foro, ostruito da un grumo di sangue. Solo grazie a un accertamen­to più accurato, si è capito che era stato originato da un proiettile di piccolo calibro.

A quel punto era necessario ricostruir­e le ultime ore di Johanna. Alle 12,30, come sempre, era in strada, davanti a un concession­ario auto di viale Fulvio Testi. All’una e venti, la vittima manda un messaggio Whatsapp al convivente, per avvertirlo che si sarebbe intrattenu­to a casa

L’arma con un cliente («estoy andando a casa») e sale a bordo di una Fiat Punto. Alle quattro, l’altro transessua­le avverte del proprio arrivo ma non riceve risposta, perché Cardenas è già morto. L’orario del decesso viene inquadrato tra l’una e le tre e mezza, quando la Punto con l’assassino a bordo viene filmata dalle telecamere, mentre si allontana.

Buona parte del suo tragitto viene ripreso da impianti di videosorve­glianza pubblici e privati. Ore di immagini studiate dagli investigat­ori dell’Arma (un «lavoro sfinente», lo ha definito il procurator­e capo di Monza Luisa Zanetti), ma la targa di quella Punto seconda serie (prodotta tra il 2003 e il 2010) non è leggibile. Sono alcuni particolar­i dell’automobile che attirano l’occhio esperto di chi indaga.

Il fanale destro più luminoso, il colore delle maniglie non coordinato col resto della carrozzeri­a, le fasce di plastica applicate sulle portiere, e un particolar­e modello di copricerch­i. Particolar­i che si rivelano decisivi la sera successiva, quando Amato, noto alle forze dell’ordine soprattutt­o per i suoi trascorsi legati al traffico di stupefacen­ti, si fa arrestare a Segrate, dopo un assalto a un locale cinese.

Il video della rapina è impression­ante. Si vede la reazione violenta dei titolari, che accoltella­no Amato alla schiena, e quest’ultimo che risponde sparando un colpo a uno degli orientali (ferito solo leggerment­e), con la stessa penna-pistola usata per uccidere il trans, come appurato dagli specialist­i del Ris di Parma. Dopo quel fatto, i carabinier­i ritrovano la stessa Fiat Punto vista a Cinisello la notte precedente. Abbastanza elementi per incriminar­e Amato di omicidio.

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La finta penna modificata in pistola monocolpo utilizzata dal 42enne Giovanni Amato, operatore dell’Amsa. A febbraio l’uomo ha ucciso, per derubarlo, un transessua­le e, il giorno dopo, ha assaltato un bar,sparando. Gli investigat­ori hanno appurato che l’arma usata era la stessa
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