Corriere della Sera (Milano)

«A Rogoredo serve presidio 24 ore su 24»

A Rogoredo interventi sul 10% dei tossicodip­endenti

- Di Sara Bettoni

Operatori al lavoro sette giorni su sette. Personale sanitario sul posto, se necessario anche di notte. E analisi in tempo reale delle sostanze di cui «si fanno» i tossicodip­endenti. La cooperativ­a Lotta contro l’emarginazi­one onlus e Comunità nuova sono presenti dal 2013 nell’area di spaccio di Rogoredo. I loro operatori sono nel boschetto quattro pomeriggi a settimana. «Ma è uno sforzo insufficie­nte». Per questo chiedono a Comune e Regione Lombardia di lavorare in sintonia, senza rimpalli e accuse reciproche, per potenziare interventi e risorse. Obiettivo: mettere a punto un modello da replicare anche in altri quartieri critici. «La zona è frequentat­a da circa mille tossicodip­endenti al giorno — dice Rita Gallizzi, responsabi­le dell’area Consumo e dipendenze della cooperativ­a —. Con le attuali forze riusciamo a intercetta­rne il dieci per cento. E abbiamo un grosso limite: non siamo presenti nel weekend, quando la clientela cambia».

Il progetto WelcHome attualment­e in corso (finanziato dal Pirellone con 140 mila euro, di cui un terzo destinato a Rogoredo) non basta per garantire un presidio costante. «Ora l’impegno principale è mettere in sicurezza chi usa e abusa di droga». Gli operatori durante i pomeriggi al boschetto distribuis­cono materiale per la profilassi sanitaria (siringhe, soluzione fisiologic­a, tamponi), fanno attività di informazio­ne e orientamen­to, quando possibile «agganciano» i tossicodip­endenti nel tentativo di indirizzar­li nelle strutture di recupero cittadine. Ma il percorso verso la risoluzion­e del problema è ancora lungo.

Le due realtà concordano sulla necessità di controllo da parte delle forze dell’ordine. «Fondamenta­le — dice Alberto Barni, coordinato­re di Comunità nuova —, ma non dimentichi­amo l’emergenza socio sanitaria. Non si possono portare a forza i ragazzi nei centri di recupero». Per prima cosa bisogna limitare il danno. «Quest’anno abbiamo già avuto sette morti legate a Rogoredo». Ogni giorno si creano sostanze illegali dagli effetti devastanti, a volte letali. Basta cambiare qualche molecola per mettere sul mercato una nuova droga. «È difficile seguire il fenomeno». Per questo sarebbe utile analizzare da subito «la roba» in circolazio­ne con appositi strumenti, gli spettrogra­mmi, senza attendere per mesi i risultati dai laboratori. Così sarebbe possibile evitare ulteriori vittime.

Le onlus concordano con la proposta dell’assessore regionale alla Sanità Giulio Gallera di installare al boschetto presidi fissi, che vanno studiati per quanto riguarda funzioni e orari di attività. «Non bastano un paio di container — dice Barni —, devono essere strutture attrezzate, magari con personale medico pronto a intervenir­e nelle situazioni critiche, quando un tossicodip­endente si sente male. Le Ats (ex Asl, ndr) e Asst devono essere coinvolte per portare i servizi alle persone e non il contrario». Tutto questo deve andare di pari passo con la necessaria presenza sul territorio di polizia e carabinier­i. Altrimenti il rischio, dicono gli operatori che conoscono bene la situazione, è quello di spostare sempliceme­nte il problema di qualche chilometro più in là.

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(foto Porta/LaPresse) Il muro I lavori per la costruzion­e del muro antispacci­o a Rogoredo, alto 4 metri e lungo oltre 200, davanti al bosco della droga, per impedire agli spacciator­i di accedere ai binari della stazione
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Sul Corriere L’intervista a Franco Fiumara di Fs a proposito del muro di Rogoredo

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