Aspettando il metrò
In scena «M8 prossima fermata Milano»: quattro pillole per esplorare la città
Il gruppo Animanera di Aldo Cassano sceglie argomenti che scottano, dal sesso al terrorismo, andando a curiosare nella case e cose altrui. Questa volta, nella piccola sala Bausch dell’Elfo, fa passare addirittura una linea del metrò, come spiega il titolo «M8 Prossima fermata Milano», con ampia facoltà di metafora. «Abbiamo pensato di raccontare la città — dice Cassano regista — chiedendo a quattro giovani autori di drammaturgia contemporanea un testo di piccolo taglio, 25’, legato a Milano. Quattro ritratti diversi che hanno in comune l’underground, filo rosso surreale con una voce off che annuncia le fermate della linea immaginaria: “Monumento agli scaduti”, “Bosco verticale”, “Desiderio”, infine “re Giorgio Armani”, con scenografia che si compone e scompone a vista». Ovvio che anche gli stili di scrittura devono e vogliono essere diversi: volti, storie, corse, lavoro e acclusa ribellione.
«Alla prima fermata, “Aspettando MM”, di Camilla Mattiuzzo, troviamo due donne sedute sulla banchina del metrò che attendono un treno che non arriverà mai, come Godot di Beckett, ma intanto fanno una amicizia composta di diffidenza, ipocondria, nevrosi». Nel secondo atto, «Delivery service» di Carlo Guasconi e Pablo Solari, siamo nella Gig economy e un fattorino che consegna pizze, rimproverato, forse prepara rivolta e annuncia la sua apocalisse now. Poi nel terzo, «Quel che resta del porno» di Magdalena Barile siamo nella Milano hard: «Ci si interroga sul set di uno scalcinato film a luci rosse sulle differenze tra porno di ieri e oggi con un attore ex star, tipo Rocco Siffredi, che si innamora. Chiudiamo con “Reincollare le zampe ai piccioni…” di Davide Carnevali (fermata Armani, preso come simbolo di un magnate alla milanese) e qui si fa la voce grossa con un attore che parla di problemi personali, sociali, la nebbia che non c’è più e perfino l’essere umano in senso spinoziano e il diritto alla felicità, che pare un lusso per pochi». Morale: va bene la Milano post expo ma ad alcuni modelli di vita e alla solitudine di massa, ai bisogni indotti, è giusto pure ribellarsi, pur con la rete di protezione dell’assurdo. «In tutte e quattro le fermate ci sono momenti thriller, sorprese, tentativi di dire stop all’omologazione». Molti dei drammaturghi hanno alle spalle per esempio la Santa Estasi di Latella e si sono già esercitati sulle tragedie degli Atridi, peggiori delle nostre, altri pensano a Ronconi. «C’è, nell’ultimo atto, un tentativo di sondaggio da cui escono problemi milanesi come traffico, i piccioni, la moda, la poca solidarietà e la frenesia e il successo obbligatorio. Il tutto per migliorare la città in vista delle Olimpiadi del 2026. Gli attori sono cinque, uno milanese, Giorgio Rosa, e gli altri, Francesco Aricò, Giorgia Coco, Natascia Curci e Fabrizio Lombardo, un po’ terruncelli». Nella colonna sonora sentirete pezzi classici perché la Scala è un simbolo cittadino: quindi vai con Puccini, Leoncavallo e la Nona di Beethoven, magari con acuti della Callas e di Pavarotti.