Capo dei vigili in divisa nazista A processo per apologia
Biassono
Ha conservato il suo ruolo al comando della polizia locale, ma i guai con la giustizia non è riuscito ad evitarli. Processo in vista per Giorgio Piacentini, capo dei vigili di Biassono, comune alle porte di Monza, imputato di apologia del fascismo a causa di quella fotografia che lo ritraeva in divisa da gerarca nazista, esibita su Facebook il 6 gennaio 2017. Nei suoi confronti la procura brianzola ha chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di aver violato la norma contenuta nella legge Scelba: l’udienza preliminare è stata fissata il prossimo 6 novembre davanti al gup Patrizia Gallucci. Il polverone si è alzato quasi due anni fa, quando Piacentini aveva postato una foto in cui indossava una divisa da ufficiale delle SS. Gesto di per sé sufficiente a scatenare polemiche e imbarazzo. Ma, per non farsi mancare nulla, il numero uno della polizia locale aveva corredato l’immagine con un commento: «Proporrò al sindaco di istituire un corpo di polizia così per risolvere i problemi». Ironia scadente che il megafono dei social network aveva diffuso con la consueta velocità. Il comandante aveva abbozzato una difesa, sostenendo di essere appassionato di divise militari e di appartenere ad un’associazione che si dedica alle rievocazioni storiche, con la conclusione che il suo gesto era stato solo «goliardico». Il caso gli era costato la retrocessione ad agente semplice, ma dopo 12 mesi era arrivato da parte degli uffici comunali il reintegro al comando, che il sindaco Luciano Casiraghi (Lega) aveva giustificato sostenendo che il vigile non aveva «mai smesso di chiedere scusa», e che dopo il demansionamento si era sempre «comportato bene». Il primo cittadino aveva apprezzato il fatto che Piacentini aveva deciso di «non fare ricorso contro il Comune». La sezione locale dell’Anpi l’aveva definita «una pagina vergognosa». Presa di posizione condivisa anche da altri gruppi antifascisti, secondo i quali «scherzare su certi argomenti denota incoscienza e cinismo oltre che oltraggio della divisa di servitore della Repubblica».