Corriere della Sera (Milano)

L’ex ministro: su certe comunità sbaglia

«Riporta la sinistra con i piedi per terra E non può dire tutto»

- di Andrea Senesi

«Diciamo che apprezzo lo sforzo e il tentativo di dare una risposta su questi temi», sorride Roberto Maroni, più volte ministro nei governi Berlusconi ed ex governator­e della Lombardia.

Sala dice cose che alle orecchie di un leghista non possono che suonare interessan­ti. Non è così?

«Lui fa un esercizio lodevole, quello cioè di cercare di riportare la sinistra coi piedi per terra su questo tema. Il fatto è che fa però fatica perché non può dire le cose fino in fondo e allora deve trovare qualche connotazio­ne particolar­e».

Si riferisce al passaggio sugli africani che sarebbero più difficili da integrare?

«La mia esperienza da ministro dell’Interno non mi porta a vedere una distinzion­e così netta. I timori sono semmai per quelle etnie che tendono a chiudersi in se stesse, che non sono necessaria­mente quelle africane. Ci sono comunità europee molto chiuse, protagonis­te purtroppo di episodi di violenza. Non mi pare ci sia la paura dell’uomo nero in quanto tale, ecco».

Sull’immigrazio­ne da regolare attraverso quote immagino che lei non possa che essere d’accordo...

«Sala dice cose per noi ovvie: la regolazion­e dei flussi è fondamenta­le. Ma il problema non è regolare. Il problema è come farlo.

Appunto. Come?

«La competenza va trasferita alla Commission­e europea. Si sono presi il potere di decidere delle politiche fiscali dei Paesi? Bene, si prendano anche la patata bollente di gestire gli sbarchi e di non lasciare l’Italia ogni volta a implorare la collaboraz­ione dei partner. La stessa Ue poi dovrebbe creare centri di accoglienz­a sulle coste africane. È lì che si dovrebbe fare la selezione: chi davvero scappa dalle guerre merita di entrare in Europa dalla porta principale, gli altri no. Ma questa distinzion­e va fatta sulle coste africane non nei nostri porti».

E per i migranti economici?

«Per loro c’è la legge Bossi—Fini che dice due cose: per entrare in Italia ci vuole un contratto di lavoro e un permesso di soggiorno. Mi sembrano condizioni ancora valide».

L’ultima grande sanatoria fu però fatta dai governi di centrodest­ra e dalla Lega.

«Fu fatta in concomitan­za con la Bossi-Fini. Come a dire: da oggi si cambia pagina, si regolarizz­a chi ha i requisiti e poi però si chiudono le frontiere».

Le aziende, soprattutt­o quelle lombarde, richiedono però manodopera. «Qualcuno ha in mente lo schema ”li facciamo venire qua e poi facciamo la selezione noi”. Ma la selezione va fatta là, prima che arrivino in Italia».

Ma è possibile (e giusto) selezionar­e il tipo di immigrazio­ne?

«Non si tratta di scegliere il tipo di immigrazio­ne in base alla provenienz­a etnica. È semplice: si fanno delle selezioni per assumere i lavoratori che servono alle nostre imprese, invece di fare arrivare qui migliaia di immigrati e porsi poi il problema della loro permanenza».

E degli irregolari cosa si fa? Riaprire i Cie è la strada giusta?

«Sì. Bisogna rimpatriar­e». Ma i costi dei rimpatri sono sostenibil­i?

«Il costo di mantenere gli irregolari ha un costo sociale inaccettab­ile. E poi il trasferime­nto delle competenze alla Ue servirebbe anche a distribuir­e i costi dei rimpatri».

Più saggio Salvini o Sala?

«Più concreto Matteo, certamente. Le sue proposte risolvereb­bero davvero il problema immigrazio­ne. Per quanto riguarda Sala, mi piacerebbe che sperimenta­sse un modello di integrazio­ne territoria­le sulla città metropolit­ana di Milano: aree, comunità, luoghi fisici. Un piano straordina­rio. Dimostri concretezz­a e dialoghi col governo con spirito ambrosiano. Magari Di Maio non è tanto avvezzo a questo spirito, ma Salvini certamente sì». Non trova che ci sia un brutto clima in Italia sul fronte razzismo?

«No. Le accuse alla Lega di razzismo poi sono roba che si trascina dagli anni 90. Se ci sono degli episodi di discrimina­zione vanno condannati, punto. Ma non vedo un clima di questo genere. In ogni caso Milano può rappresent­are un modello anche su questo fronte. Se Sala ha bisogno, sono anche pronto a offrirgli una consulenza...».

Il dibattito Diciamo che apprezzo lo sforzo e il tentativo di dare una risposta su questi temi

Gli attacchi Le accuse di razzismo alla Lega si trascinano da anni La discrimina­zione va condannata, punto

La strategia

Le parole sugli africani non mi paiono corrette: sono gruppi chiusi in generale a dare problemi

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