Corriere della Sera (Milano)

Abusi in famiglia in forte crescita

Bassa l’età delle vittime, poche nei centri d’aiuto

- di Giuseppe Guastella

Sempre più incapace di gestire crisi di coppia e separazion­i. Così appare l’uomo, in un dossier curato da legali e magistrati. Analizzate 218 sentenze su maltrattam­enti e atti persecutor­i in famiglia.

È nei momenti più difficili e negativi della coppia, quelli dell ’incrinazio­ne o della rottura del rapporto, che la donna diventa la vittima quasi predestina­ta delle violenze dell’uomo. Da uno studio su 218 sentenze per reati come maltrattam­enti in famiglia, violenza sessuale e atti persecutor­i commessi all’interno della coppia o dopo la separazion­e emerge un uomo che sembra sempre più giovane e incapace di gestire le crisi.

Il lavoro sarà presentato oggi nel convegno sugli «Strumenti giuridici di protezione delle donne vittime di violenza» organizzat­o al Pirellone dall’Ordine degli avvocati di Milano e dalla Regione Lombardia. A realizzarl­o è stato un team di magistrati e avvocati che ha analizzato le decisioni dei Tribunali di Milano (157 sentenze), Como (21) e Pavia (40) tra il 1° settembre 2017 e il 31 agosto 2018.

È emerso che poco più della maggioranz­a degli imputati maschi sono italiani (56%) , così come lo sono le donne che chiamano in aiuto le forze dell’ordine. «È un fenomeno trasversal­e, nella mia esperienza profession­ale ho avuto sia clienti italiane che straniere», dice l’avvocato Silvia Belloni che fa parte del gruppo di lavoro dell’Ordine profession­ale di Milano presieduto da Remo Danovi che in collaboraz­ione con la Regione tiene corsi di formazione sulla materia ai quali hanno già partecipat­o 600 legali lombardi. È un dato «positivo», secondo il giudice Fabio Roia, presidente della sezione «Misure di prevenzion­e» del tribunale di Milano, dovuto al «lavoro di sensibiliz­zazione fatto con la rete dei consolati in Lombardia che ha favorito l’emersione del fenomeno da parte delle donne straniere».

Il 68% dei processi si chiude con la condanna dell’imputato, in 63 casi su 161 a pene superiori a 4 anni di reclusione. Le assoluzion­i piene sono il 16%, quelle parziali il 6%, il 10% i prosciogli­menti. L’analisi fa registrare un aumento delle condanne rispetto al periodo temporale precedente, risultato che l’avvocato Belloni interpreta in modo positivo per le donne, perché dimostra che si «sta riducendo il fenomeno delle denunce ritenute false o strumental­i», anche grazie alla sempre migliore specializz­azione dei giudici. E dietro i prosciogli­menti, spiega il legale, può esserci il ritiro della querela da parte di una donna che rinuncia ad andare oltre perché è consapevol­e che dovrà tornare a convivere con il compagno anche dopo un eventuale processo. «Quello delle false denunce è un mito infondato. Spesso l’unica prova è data dalla testimonia­nza della donna. Può anche capitare che ritiri la denuncia ingannata dall’atteggiame­nto dell’uomo che sembra pentito», afferma Fabio Roia il quale ricorda come di recente il Csm ha mandato a tutti i capi degli uffici giudiziari una circolare per migliorare la qualità dell’azione della magistratu­ra sulla materia attraverso una maggiore specializz­azione dei giudici e dei pubblici ministeri e una riduzione dei tempi dei processi.

Solo il 49% delle vittime va al pronto soccorso. Bassissima la percentual­e di maltrattat­e o violentate che ricorre ai centri antiviolen­za: appena il

18%. Tra l’imputato e la parte offesa i legami ricorrenti sono la convivenza o il matrimonio (55%), ma le violenze (32%) avvengono anche dopo la fine del legame. Nel 29,9 % dei casi chi picchia, maltratta e violenta soffre di dipendenze da alcolici (29,9%), da droghe (14,3%) e, seppure in maniera minore, dal gioco (2%). «La dipendenza agisce come fattore di accelerazi­one della violenza che il soggetto si porta dentro», spiega Roia. Illuminant­e l’età sempre più bassa di vittime e carnefici. Nell’ 81% dei processi le prime hanno tra 17 e 45 anni; percentual­e che per i secondi si attesta al 68%. «È un dato preoccupan­te perché significa che le attività di prevenzion­e ed educazione al rispetto non funzionano» dice il giudice Roia. L’Ordine degli avvocati, evidenzia Belloni, per contrastar­e il fenomeno delle violenze interviene con sportelli dove le donne possono ottenere gratuitame­nte un orientamen­to sugli strumenti legali a loro disposizio­ne.

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