Una donna capo dell’associazione mondiale dei detective
«Indago da 35 anni, scelta di vita»
Dagli appostamenti tra gli anni 70-80, ancora minorenne, assieme al padre investigatore privato, fino al vertice della Wad, la più antica e prestigiosa associazione di detective di tutto il mondo. La milanese Laura Giuliani è stata votata all’unanimità dai soci della World association of detectives, provenienti da oltre 200 Paesi.
Quando in ufficio arriva una scatola di dolciumi, invece che al «cuore di cioccolato» pensa d’istinto alle microspie. Se le regalano un mazzo di fiori, alle analisi chimiche per scovare il veleno. L’interlocutore posa il telefono sul tavolo? Sta registrando. E se lo alza per una videochiamata? Finge, sta filmando. In ascensore non si sale mai da soli con sconosciuti, per posteggiare l’auto si fanno sempre due giri, e figuriamoci se nell’epoca dei social network alla prole basta fare attenzione alle proverbiali «caramelle»… «Il detective non è una professione, è uno stile di vita».
Laura Giuliani, milanese, classe 1965, sognava di diventare un’investigatrice fin da bambina. «A che gioco giochiamo?» le chiedevano, e lei non rispondeva neppure guardie e ladri, tanto era già presa ad organizzare luoghi e tempi degli appostamenti. Oggi è a capo dei detective di tutto il mondo, nuovo presidente della World association of detectives (Wad), la più antica organizzazione di investigatori privati e professionisti della sicurezza. Fondata nel 1925, conta oltre mille soci in più 80 paesi, dagli Stati Uniti all’India, dall’Inghilterra alla Germania. Prima donna italiana al vertice dell’istituzione, Giuliani aveva già stabilito il medesimo primato nell’organigramma dell’italiana Federpol, dove fu anche il più giovane presidente.
La nomina, il 1° ottobre a Las Vegas, è avvenuta all’unanimità nonostante la poliedrica composizione interna del network fatto di comunità, lobby e fazioni geograficoreligiose. In questi giorni, è in corso l’insediamento. «Dovrò occuparmi di ogni cosa: dalla scelta dei dirigenti fino ai semplici collaboratori — anticipa —. Il mio obiettivo sarà quello di rendere sempre più aperta al mondo questa organizzazione», storicamente d’impronta statunitense.
Figlia d’arte, a 15 anni già lavorava con papà. In motorino, s’intrufolava tra bande di giovani milanesi per monitorare i loro «giri» e l’eventuale consumo, o spaccio, di droga. Allo scoccare della maggiore età, nel 1983, diventa professionista e oggi con il suo studio Giuliani investigazioni è da 35 anni in attività tra l’hinterland e il centro, con clienti da ogni dove. Rigorosa ed elegante, rifiuta «lo stereotipo della 007 con minigonna e tacchi a spillo». Meglio ricordare il suo impegno di lotta e di governo, per strada, in Tribunale e in Parlamento sulla regolamentazione del settore della sicurezza privata, avviata sotto la sua guida dal 2001 e portata a termine con l’approvazione (per via regolamentare) della riforma nel 2010. Oppure la sua partecipazione alla riforma legislativa del Tulps (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza). O, ancora, dal punto di vista storico, il suo modello e ispirazione, la pioniera madrina di tutte le detective, l’americana Kate Warne, vissuta nell’800.
Nell’arco di oltre tre decenni di investigazioni ha visto cambiare la società e i suoi costumi. «Negli anni 70 scoprire il marito con un’amante provocava choc e svenimenti; oggi invece molte donne reagiscono quasi deluse se i tradimenti non vengono appurati: “Ma come?” dicono, “Ce n’erano tutti i presupposti...». E se una volta i clienti erano all’80 per cento privati, il resto aziende e pochissimi uffici legali, oggi le percentuali sono rovesciate, con questi ultimi interessati al reperimento di prove per i processi (o per chiudere le controversie ancora prima), mentre i casi riguardanti mogli, mariti, figli o parenti restano relegati, al massimo, a uno ogni dieci.
Il lavoro è in continua crescita. I casi più diffusi sono la ricerca di informazioni preliminari sui fornitori o sulle controparti prima dell’acquisto di società o fabbricati. Aumentano le indagini per infedeltà professionale o per concorrenza sleale tra aziende. Oppure dipendenti assenteisti denunciati dagli stessi colleghi, alcuni con doppie vite da furbetti, altri impegnati in traffici di droga o armi. «Ci chiamano anche luoghi pubblici come musei o centri commerciali interessati a capire dove intervenire in caso di attentati». Due parole d’ordine: «Prevenire o provare».
Sui social network, Laura non c’è, e non è interessata a esserci. «Vedo tutto il giorno persone che cercano di raccontarmi verità fasulle, di certo non cerco questo tipo di rapporti anche in Rete. Li usiamo per lavoro, però: chi pensa che Whatsapp non sia intercettabile o che basti impostare la privacy per tutelarsi mi fa sorridere». Internet? «Gran parte delle transazioni online di cui ci occupiamo si muovono sul dark web». E i rapporti umani? «Figli, amici e familiari, talvolta, devono seguire alcune mie indicazioni di sicurezza. Ma per il resto, nessun eccesso paranoico. Anzi, da questo mestiere ho imparato a cercare di prendere dalle altre persone le caratteristiche che mi mancano».
La politica Ho messo d’accordo i soci di 200 Paesi oltre le lobby Cercherò di aprire di più l’associazione al mondo
Il privato Il detective non è una professione ma uno stile di vita: sto attenta a ogni dettaglio e penso sempre alle microspie