Patto sull’ambiente
IL FUTURO SI TINGE DI VERDE
Oggi a sentire parlare di città intelligenti la mente va subito a internet, big data, auto che si guidano da sole e semafori meno «stupidi» (cioè capaci di non restare rossi anche quando in giro c’è il deserto). Ma la stessa espressione, solo dieci anni fa, avrebbe fatto pensare ad altro: una città «intelligente», per esempio, è anche una città più verde e che sa gestire le proprie risorse con civiltà. In effetti Milano in questi ultimi quindici anni ha combattuto con intelligenza contro lo stereotipo di essere una città poco attenta ai parchi. Citylife è stato il modello che ha mostrato come una collaborazione pubblicoprivata sia sempre di più la strada da seguire: al tempo il sindaco Gabriele Albertini — eccedendo giusto un «pizzico» con il paragone — parlò di Central Park milanese in cambio del via libera al progetto del nuovo quartiere. Ora la Biblioteca degli Alberi a Porta Nuova segue lo stesso schema — affidamento ai privati — aggiungendo un grado di responsabilità che coinvolge tutti i cittadini con l’apertura notturna e le chaise longue affidate alla civiltà di tutti noi. È un trend che si ritrova in tutte le grandi città «intelligenti»: a San Francisco SalesForce ha inaugurato da pochi mesi un meraviglioso parco sospeso sulle strade del centro, un’oasi di pace in mezzo alla velocità metropolitana. D’altra parte ai Giardini di Lussemburgo a Parigi da decine di anni sopravvivono le tipiche poltroncine in ferro. E al centro di Londra nel parco di Saint James i londinesi curano le sedie a sdraio. Milano sarà da meno?