Il pugnale che discrimina gli indiani «Puniti per il nostro simbolo sacro»
Cremona, condannati due sikh: non è un’arma, è come il crocifisso per i cristiani
CREMONA Lo hanno sempre portato infilato alla cintura dei pantaloni, perché, per loro, il kirpan è uno dei cinque simboli della religione sikh. Ma la regola religiosa si scontra con la legge italiana. Il 15 maggio del 2017, la Cassazione ha messo all’indice il coltello sacro simbolo dell’armata di Dio, ritenendolo un’arma e pronunciando una sentenza in grado di orientare quelle future. Cremona l’ha recepita. Al verdetto di Roma si rifà ora il tribunale: su richiesta della procura, il gip ha emesso il decreto penale di condanna a 400 euro di ammenda ciascuno, per Nisan Singh e Balbir Singh, 45 e 43 anni, indiani sikh residenti nel Cremonese, da tempo la seconda patria degli immigrati partiti dal Punjab. I due vanno condannati, «considerato che nessun credo religioso può legittimare il porto in luogo pubblico di armi», è scritto nel capo di imputazione, in cui si richiama, tra parentesi, la sentenza della Cassazione (24084/2017). Per «corpo del reato», un coltellino di cinque centimetri e uno di sei centimetri e mezzo, sequestrati ai sikh dai carabinieri, durante l’ispezione nell’azienda in cui lavoravano, il 20 giugno di un anno fa.
Nella casa di Balbir Singh a Corte de’ Cortesi il decreto è stato notificato tre giorni fa. In Italia da otto anni, operaio metalmeccanico in un’azienda di Cignone, Singh ( difeso dall’avvocato Raffaella Parisi) è intenzionato a pagare la multa, anche se sa che potrebbe poi avere conseguenze per il passaporto.«Siamo in Italia, il Paese che ci ospita, e le regole vanno rispettate. Però in Italia tutte le religioni hanno uguaglianza e allora, se una religione ha un simbolo sacro, la persona deve essere legittimata a tenerlo, come la croce per un cristiano». A Roma il popolo sikh sta conducendo una battaglia per convincere i politici a riconoscere la sacralità del pugnale che tutti gli indiani di quella religione, maschi e femmine, cominciano a portare dal giorno del battesimo. Accanto a Balbir c’è il fratello Pargat, 47 anni, saldatore, rappresentante, in Italia, della International Panthic Dal. Racconta che «da quindici anni andiamo a Roma per tentare di far registrare la nostra religione ed ogni volta che la registriamo, mettiamo il pugnale come simbolo sacro». Ma Roma storce il naso, finché c’è il pugnale. «Per loro è un’arma, per noi è un’arma bianca, un simbolo sacro».
Per il popolo del turbante c’è chi aveva trovato la soluzione per poter continuare a portare il coltello sacro «legale»: Roberto Rossi, ex poliziotto della questura di Cremona. Di lui il Corriere aveva scritto un anno fa. Rossi ha messo a punto un nuovo pugnale che nel disegno è uguale a quello fuori legge. ma di diverso materiale. Una lega in stagno che lo rende pieghevole ed inoffensivo. Ma dall’India non è arrivato il benestare. «Noi vogliamo poter portare il kirpan originale, che è in ferro e zincato fuori». I sikh non si danno per vinti. La battaglia continua.