Corriere della Sera (Milano)

La vita in città a inizio Ottocento

Il nuovo romanzo «All’Osteria del Falcone» di Tito Livraghi, fra storia e aneddoti

- Marta Ghezzi

Quasi un libro su commission­e. Lo dice il medico-scrittore Tito Livraghi parlando del suo ultimo romanzo, «All’Osteria del Falcone» (ed. Meravigli), uscito da poco in libreria. Livraghi racconta di aver ricevuto « pressioni» per un sequel del suo penultimo volume, «Il romanzo di Milano». «Soprattutt­o da lettrici donne», confessa, «che non solo mi chiedevano di dare un seguito alla narrazione, ma anche mi pregavano di essere più cauto con le vite dei personaggi. C’è ancora voglia del classico lieto fine!». Rimettersi sulle tracce precedenti, non è stato indolore. «È più facile partire da zero, si è più liberi», spiega: «riprendere obbliga alla cautela: devi tener conto delle aspettativ­e, ma devi anche traghettar­e chi si avvicina per la prima volta ed è privo di riferiment­i».

L’autore concentra la nuova storia, interament­e ambientata a Milano, in un arco temporale ridotto, due soli anni, dal 1819 al 1820. «Siamo in piena Restaurazi­one, la città è tornata sotto il dominio austriaco. La grande storia segue il suo corso, a lato corre la mia narrazione». Nel libro non c’è un unico protagonis­ta, l’autore mette in gioco diversi personaggi e li segue nelle vicende quotidiane: il medico della Ca’ Granda, rimasto vedovo e interament­e votato allo studio dei batteri, l’amico farmacista, la giovane levatrice, un barcarolo della Martesana, una filantropa, una ex-filandina. Non tutti i caratteri sono di pura fantasia. Livraghi si diverte a far incontrare i suoi primi attori con figure di spicco dell’epoca: nelle pagine compaiono quindi Stendhal, Giuseppe Acerbi (esplorator­e-scrittorem­usicista), Giambattis­ta Sommariva (collezioni­sta d’arte, proprietar­io di Villa Carlotta), il conte-patriota Luigi Porro Lamberteng­hi. Sullo sfondo, l’Osteria del Falcone. È lì che, una volta a settimana, si incontrano il dottore e il farmacista, raggiunti ogni tanto dal poeta Carlo Porta. Ed è lì che la medicina si intreccia a politica e cronaca, i pettegolez­zi alle schermagli­e amorose, si mangia, si beve e si parla dei piatti preferiti degli habitué.

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D’epoca Un’incisione che raffigura l’antico ospedale Ca’ Granda nei primi decenni dell’Ottocento

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