Droga tra i minori Il primo fronte del nuovo prefetto
Dosi low cost, in aumento i baby-consumatori
Il continuo abbassamento dell’età di chi si droga è uno dei problemi più sentiti dal nuovo prefetto Renato Saccone. Richiamando l’attenzione anche sulle periferie, Saccone si dice sicuro della sinergia con istituzioni e forze dell’ordine. Oggi si decide sulla commemorazione per i caduti della Repubblica di Salò.
Renato Saccone si tiene lontano dagli slogan, che fanno «titolo» ma solitamente diventano trappole eterne, e cerca di stare dentro la complessità dei fatti. Il nuovo prefetto di Milano è un uomo e un professionista esperto, soprattutto conosce la città per averci già lavorato in passato, ma sa benissimo due cose: la prima è che mai come nelle ultime stagioni Milano ha corso velocemente mutando non soltanto la propria fisionomia urbanistica e allontanando il suo passato, anche recente; la seconda è che, detto col massimo rispetto per Torino dove Saccone, 62enne originario di Santa Maria Capua Vetere, nel Casertano, è stato prefetto dal 2016, qui è proprio un’altra storia. Questa città, notoriamente, lancia o affonda carriere, e ha una «centralità» anche ma non soltanto dal punto di vista mediatico. E così, quando nel corso della sua prima conferenza stampa alle 16 di ieri — nessuna «barriera», il prefetto si è seduto allo stesso tavolo insieme ai cronisti — gli hanno domandato del «bosco della droga» di Rogoredo, e se per caso un presidio fisso di polizia e carabinieri potrà mai aiutare nell’operazione di contrasto, Saccone ha ricordato un tema, troppo spesso dimenticato dalle istituzioni, che è una piaga per questa città, che già sta rovinando una generazione, che ricorda drammaticamente stragi vis- sute negli anni Ottanta: «Si abbassano insieme le età dei consumatori e i prezzi della droga». A Rogoredo, è notorio, per l’eroina arrivano i ragazzini usciti dalle scuole. Scuole che, su questo fronte, devono e dovranno far di più. Non evoca, il prefetto, insistiti blitz delle unità cinofile nelle classi. Servono, certo, ma a volte sono unicamente dei palliativi. Perché prima serve, da parte delle famiglie, e quindi dei professori e dei dirigenti scolastici, la presa di coscienza della drammaticità della situazione. Potrebbe essere un sottinteso riferimento a chi, interno proprio ai genitori, ai docenti e ai presidi, preferisce fingere di non vedere, e sta zitto casomai si infanghi il glorioso nome dell’istituto.
E comunque non è, il «bosco della droga», una zona franca, per un semplice motivo: «Di zone franche, a Milano, non ne esistono», anche se esistono, ed è un dato oggettivo, aree quasi impenetrabili come il campo rom di via Bonfadini, ormai sprofondato nell’illegalità: sovraffollamento, la costruzione di villette naturalmente abusive, il «pizzo» richiesto ad altri rom che vogliono parcheggiare le roulotte nelle vicinanze, le di-
scariche abusive delle carcasse di macchine e scooter rubati e di tanto in tanto dati alle fiamme ché tanto l’Amsa, lì dentro, non entra. Non entrano nemmeno i vigili, mentre poliziotti e carabinieri non si avventurano mai in solitaria, bensì con adeguati rinforzi. Saccone si affida all’altissimo livello qualitativo delle forze dell’ordine, e ha ragione, ci sono picchi d’eccellenza, pur se dev’essere ribadita la costante carenza d’organico specie della «truppa», ovvero le pattuglie. Un avamposto fondamentale a maggior ragione in conseguenza di un ragionamento di Saccone, la necessità di un «forte controllo del territorio», con un’attenzione particolare per le periferie, perché «i problemi delle periferie poi diventano anche i problemi dell’hinterland».
Una (sintetica) radiografia della città elenca il solito fenomeno delle occupazioni abusive e dei bivacchi degli spacciatori all’esterno della stazione Centrale, l’espansione silenziosa della ’ndrangheta, però l’elenco reale è lungo, in perenne aggiornamento, e infatti il prefetto lascia intuire quella che sarà la sua linea guida: una continua attività di «aggiornamento» con i vertici del Comando dei carabinieri e della Questura, per cercare di prevenire anziché di contrastare, la situazione perfetta alla quali qualsiasi colonnello e questore (e prefetto) ambisce. Dopodiché, ci vuole tempo. «Sono a Milano da una settimana, devo ancora scoprirla» dice Saccone, e anziché una tattica difensiva la sua sembra un’ammissione di umiltà, una qualità parte fondante dell’anima della città. Di tempo però non ce n’è mai, e ad esempio oggi nel Comitato sull’ordine pubblico verrà esaminata la concessione dell’autorizzazione o meno alla commemorazione dei caduti della Repubblica di Salò di domani. L’obiettivo, spiega Saccone, è arrivare a una decisione congiunta in tarda mattinata. Questo nell’immediato. In prospettiva, verrà il resto. Come dice il prefetto, «ci sono problemi di lungo corso». A Milano c’è sempre molto da lavorare.
Oggi verrà esaminato l’eventuale via libera alla commemorazione dei caduti di Salò