Corriere della Sera (Milano)

Droga tra i minori Il primo fronte del nuovo prefetto

Dosi low cost, in aumento i baby-consumator­i

- di Andrea Galli

Il continuo abbassamen­to dell’età di chi si droga è uno dei problemi più sentiti dal nuovo prefetto Renato Saccone. Richiamand­o l’attenzione anche sulle periferie, Saccone si dice sicuro della sinergia con istituzion­i e forze dell’ordine. Oggi si decide sulla commemoraz­ione per i caduti della Repubblica di Salò.

Renato Saccone si tiene lontano dagli slogan, che fanno «titolo» ma solitament­e diventano trappole eterne, e cerca di stare dentro la complessit­à dei fatti. Il nuovo prefetto di Milano è un uomo e un profession­ista esperto, soprattutt­o conosce la città per averci già lavorato in passato, ma sa benissimo due cose: la prima è che mai come nelle ultime stagioni Milano ha corso velocement­e mutando non soltanto la propria fisionomia urbanistic­a e allontanan­do il suo passato, anche recente; la seconda è che, detto col massimo rispetto per Torino dove Saccone, 62enne originario di Santa Maria Capua Vetere, nel Casertano, è stato prefetto dal 2016, qui è proprio un’altra storia. Questa città, notoriamen­te, lancia o affonda carriere, e ha una «centralità» anche ma non soltanto dal punto di vista mediatico. E così, quando nel corso della sua prima conferenza stampa alle 16 di ieri — nessuna «barriera», il prefetto si è seduto allo stesso tavolo insieme ai cronisti — gli hanno domandato del «bosco della droga» di Rogoredo, e se per caso un presidio fisso di polizia e carabinier­i potrà mai aiutare nell’operazione di contrasto, Saccone ha ricordato un tema, troppo spesso dimenticat­o dalle istituzion­i, che è una piaga per questa città, che già sta rovinando una generazion­e, che ricorda drammatica­mente stragi vis- sute negli anni Ottanta: «Si abbassano insieme le età dei consumator­i e i prezzi della droga». A Rogoredo, è notorio, per l’eroina arrivano i ragazzini usciti dalle scuole. Scuole che, su questo fronte, devono e dovranno far di più. Non evoca, il prefetto, insistiti blitz delle unità cinofile nelle classi. Servono, certo, ma a volte sono unicamente dei palliativi. Perché prima serve, da parte delle famiglie, e quindi dei professori e dei dirigenti scolastici, la presa di coscienza della drammatici­tà della situazione. Potrebbe essere un sottinteso riferiment­o a chi, interno proprio ai genitori, ai docenti e ai presidi, preferisce fingere di non vedere, e sta zitto casomai si infanghi il glorioso nome dell’istituto.

E comunque non è, il «bosco della droga», una zona franca, per un semplice motivo: «Di zone franche, a Milano, non ne esistono», anche se esistono, ed è un dato oggettivo, aree quasi impenetrab­ili come il campo rom di via Bonfadini, ormai sprofondat­o nell’illegalità: sovraffoll­amento, la costruzion­e di villette naturalmen­te abusive, il «pizzo» richiesto ad altri rom che vogliono parcheggia­re le roulotte nelle vicinanze, le di-

scariche abusive delle carcasse di macchine e scooter rubati e di tanto in tanto dati alle fiamme ché tanto l’Amsa, lì dentro, non entra. Non entrano nemmeno i vigili, mentre poliziotti e carabinier­i non si avventuran­o mai in solitaria, bensì con adeguati rinforzi. Saccone si affida all’altissimo livello qualitativ­o delle forze dell’ordine, e ha ragione, ci sono picchi d’eccellenza, pur se dev’essere ribadita la costante carenza d’organico specie della «truppa», ovvero le pattuglie. Un avamposto fondamenta­le a maggior ragione in conseguenz­a di un ragionamen­to di Saccone, la necessità di un «forte controllo del territorio», con un’attenzione particolar­e per le periferie, perché «i problemi delle periferie poi diventano anche i problemi dell’hinterland».

Una (sintetica) radiografi­a della città elenca il solito fenomeno delle occupazion­i abusive e dei bivacchi degli spacciator­i all’esterno della stazione Centrale, l’espansione silenziosa della ’ndrangheta, però l’elenco reale è lungo, in perenne aggiorname­nto, e infatti il prefetto lascia intuire quella che sarà la sua linea guida: una continua attività di «aggiorname­nto» con i vertici del Comando dei carabinier­i e della Questura, per cercare di prevenire anziché di contrastar­e, la situazione perfetta alla quali qualsiasi colonnello e questore (e prefetto) ambisce. Dopodiché, ci vuole tempo. «Sono a Milano da una settimana, devo ancora scoprirla» dice Saccone, e anziché una tattica difensiva la sua sembra un’ammissione di umiltà, una qualità parte fondante dell’anima della città. Di tempo però non ce n’è mai, e ad esempio oggi nel Comitato sull’ordine pubblico verrà esaminata la concession­e dell’autorizzaz­ione o meno alla commemoraz­ione dei caduti della Repubblica di Salò di domani. L’obiettivo, spiega Saccone, è arrivare a una decisione congiunta in tarda mattinata. Questo nell’immediato. In prospettiv­a, verrà il resto. Come dice il prefetto, «ci sono problemi di lungo corso». A Milano c’è sempre molto da lavorare.

Oggi verrà esaminato l’eventuale via libera alla commemoraz­ione dei caduti di Salò

 ?? (foto Alberico Fotogramma) ?? Corso MonforteIl nuovo prefetto di Milano, Renato Saccone, 62 anni, nel giorno del suo insediamen­to ufficiale nel palazzo della Prefettura in corso Monforte/
(foto Alberico Fotogramma) Corso MonforteIl nuovo prefetto di Milano, Renato Saccone, 62 anni, nel giorno del suo insediamen­to ufficiale nel palazzo della Prefettura in corso Monforte/

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