Dai clan albanesi l’eroina di Rogoredo
Morto per overdose in Centrale
Sempre e solo il «bosco della droga» di Rogoredo. La banda di albanesi sgominata dai carabinieri aveva scelto proprio la «piazza» di spaccio in periferia per vendere quell’eroina che, a causa della sua bassa purezza, tutti gli altri clienti non avevano voluto acquistare. L’inchiesta nata dopo il duplice omicidio di Canegrate (Milano). I carabinieri hanno mappato i movimenti del clan, che ricorreva al trasporto di droga su macchine con a bordo bimbi piccoli per evitare controlli delle forze dell’ordine. Un fiume di droga, a Milano. Ieri in stazione Centrale è morto di overdose un 42enne.
Due uomini sono a bordo di una Fiat Punto ferma in via San Dionigi, ai margini del bosco della droga di Rogoredo. In un vano segreto ricavato nell’abitacolo della vettura, c’è una borsa. E la «roba» è proprio lì, dentro la borsa: un chilogrammo di eroina di scarsa qualità. Ma non è la purezza della sostanza stupefacente che «conta» da quelle parti: l’importante è garantire il costante rifornimento di droga alle centinaia di tossicodipendenti in coda per la dose. Sono le 21.48 del 13 giugno 2017, quando i carabinieri del Nucleo investigativo di Monza intercettano grazie a delle cimici nascoste in quella Fiat Punto, i movimenti, gli affari e le conversazioni di due albanesi. Che sanno di non aver fatto un grande affare, e la cosa potrebbe infastidire il loro capo; ma che ugualmente sanno di non avere molte alternative: «Speriamo che non mi sgrida che gliel’ho lasciata a nove e mezza (ovvero 9.500 euro al chilo, ndr)... Che devi fare, se non è buona, non è buona... Dove la porto io? Se non è piaciuta a questi...». Quella sera di Rogoredo risulterà centrale nell’inchiesta: dopo oltre un anno, gli investigatori riescono a chiudere il cerchio sui gruppi che dalla provincia immettono chili di «brown sugar» negli angoli tragici di Milano.
Le vittime delle pistole Sono dieci le ordinanze emesse dal tribunale di Busto Arsizio nei confronti di altrettante persone accusate di traffico di droga: cocaina, marjiuana, ma soprattutto eroina. Sono un italiano, un romeno e otto albanesi con base a San Giorgio sul Legnano. Tra loro anche due donne, una delle quali veniva utilizzata come corriere. È il seguito dell’indagine nata dal duplice omicidio che ha insanguinato la notte del 10 novembre 2016 a Canegrate. A morire, in una spietata esecuzione a colpi di arma da fuoco, furono i cugini Alban e Agron Lleshaj, albanesi di 37 e 31 anni. Per quell’agguato, a maggio 2017, cinque connazionali delle vittime sono stati arrestati. Dopo l’omicidio erano fuggiti lontano, tra l’Italia e il Belgio. Per stare alla larga dai carabinieri e per sottrarsi ad eventuali ritorsioni dei rivali. Le vittime erano state «sacrificate» per sancire la supremazia di un gruppo di spacciatori albanesi nel Legnanese. Ma i carabinieri di Monza, comandati dal colonnello Simone Pacioni, hanno scavato ancor più a fondo, e l’ulteriore sviluppo di questi giorni ha portato alla luce i traffici di bande caratterizzate da stretti legami di parentela, e che da tempo hanno acquisito un ruolo sempre più importante nella distribuzione di eroina.
La «roba» fra i bimbi Gente spietata. Gente senza scrupoli. Gente che non si fa problemi di sorta a trasportare anche più di quaranta chili di marijuana in macchina con i figli piccoli a bordo per provare a passare inosservati, come scoperto dai militari di Saronno a Gerenzano, a settembre dello scorso anno. Il gip di Busto Arsizio Luisa Bovitutti sottolinea, in più di un passaggio contenuto nelle settanta pagine di provvedimento cautelare (all’appello mancano due ricercati), lo spessore di questi criminali. Criminali come Ilir Aliu, 44 anni tra pochi giorni, albanese di Fagnano Olona, nel Varesotto, e dei suoi nipoti: «Costituiscono la cerniera tra i fornitori albanesi gestiti da Ilir in patria, ed i fornitori al dettaglio in Italia, che acquistano di volta in volta importanti quantitativi di eroina», si legge nell’ordinanza. I nipoti di Ilir Aliu sono Plebjanko e Xhuliano Aliu, 23 e 26 anni. Sono loro che la sera del 12 giugno si trovano su quella Punto a Rogoredo (una zona in cui sono recati molte volte, come emerso dai tabulati telefonici), per piazzare il chilo di eroina.
I controlli degli «sbirri» Nonostante i due non siano dei «dilettanti», mostrano un
La tattica Il gruppo trasportava la merce su auto con a bordo bimbi piccoli per evitare controlli
certo nervosismo. «Non fare come se fossi un professionista», dice uno. Ovvero: stai concentrato, occhio agli sbirri, perché gli albanesi sanno, come tutti quanti, dei numerosi controlli in zona delle forze dell’ordine. E l’altro: «Per ogni cosa mi fermo io, cugino, tu scappa a piedi con quella borsa, hai sentito?». Ma l’affare riesce. E a trattative completate, ecco la «cronaca» di quanto avvenuto, con parole che cristallizzano ancora una volta che cosa sia oggi Rogoredo: «Questo prende pure la spazzatura... Questo, ti dico io, prende sporcizia... Se non gliela lasciavo a quello, io dove la portavo?». Al bosco è così: basta che ci sia la droga. Anche se, come raccontano i due albanesi intercettati, in precedenza lo stesso «lotto» era stato consegnato a dei clienti ai quali non era affatto piaciuta.