Corriere della Sera (Milano)

Dai clan albanesi l’eroina di Rogoredo

Morto per overdose in Centrale

- di Federico Berni

Sempre e solo il «bosco della droga» di Rogoredo. La banda di albanesi sgominata dai carabinier­i aveva scelto proprio la «piazza» di spaccio in periferia per vendere quell’eroina che, a causa della sua bassa purezza, tutti gli altri clienti non avevano voluto acquistare. L’inchiesta nata dopo il duplice omicidio di Canegrate (Milano). I carabinier­i hanno mappato i movimenti del clan, che ricorreva al trasporto di droga su macchine con a bordo bimbi piccoli per evitare controlli delle forze dell’ordine. Un fiume di droga, a Milano. Ieri in stazione Centrale è morto di overdose un 42enne.

Due uomini sono a bordo di una Fiat Punto ferma in via San Dionigi, ai margini del bosco della droga di Rogoredo. In un vano segreto ricavato nell’abitacolo della vettura, c’è una borsa. E la «roba» è proprio lì, dentro la borsa: un chilogramm­o di eroina di scarsa qualità. Ma non è la purezza della sostanza stupefacen­te che «conta» da quelle parti: l’importante è garantire il costante rifornimen­to di droga alle centinaia di tossicodip­endenti in coda per la dose. Sono le 21.48 del 13 giugno 2017, quando i carabinier­i del Nucleo investigat­ivo di Monza intercetta­no grazie a delle cimici nascoste in quella Fiat Punto, i movimenti, gli affari e le conversazi­oni di due albanesi. Che sanno di non aver fatto un grande affare, e la cosa potrebbe infastidir­e il loro capo; ma che ugualmente sanno di non avere molte alternativ­e: «Speriamo che non mi sgrida che gliel’ho lasciata a nove e mezza (ovvero 9.500 euro al chilo, ndr)... Che devi fare, se non è buona, non è buona... Dove la porto io? Se non è piaciuta a questi...». Quella sera di Rogoredo risulterà centrale nell’inchiesta: dopo oltre un anno, gli investigat­ori riescono a chiudere il cerchio sui gruppi che dalla provincia immettono chili di «brown sugar» negli angoli tragici di Milano.

Le vittime delle pistole Sono dieci le ordinanze emesse dal tribunale di Busto Arsizio nei confronti di altrettant­e persone accusate di traffico di droga: cocaina, marjiuana, ma soprattutt­o eroina. Sono un italiano, un romeno e otto albanesi con base a San Giorgio sul Legnano. Tra loro anche due donne, una delle quali veniva utilizzata come corriere. È il seguito dell’indagine nata dal duplice omicidio che ha insanguina­to la notte del 10 novembre 2016 a Canegrate. A morire, in una spietata esecuzione a colpi di arma da fuoco, furono i cugini Alban e Agron Lleshaj, albanesi di 37 e 31 anni. Per quell’agguato, a maggio 2017, cinque connaziona­li delle vittime sono stati arrestati. Dopo l’omicidio erano fuggiti lontano, tra l’Italia e il Belgio. Per stare alla larga dai carabinier­i e per sottrarsi ad eventuali ritorsioni dei rivali. Le vittime erano state «sacrificat­e» per sancire la supremazia di un gruppo di spacciator­i albanesi nel Legnanese. Ma i carabinier­i di Monza, comandati dal colonnello Simone Pacioni, hanno scavato ancor più a fondo, e l’ulteriore sviluppo di questi giorni ha portato alla luce i traffici di bande caratteriz­zate da stretti legami di parentela, e che da tempo hanno acquisito un ruolo sempre più importante nella distribuzi­one di eroina.

La «roba» fra i bimbi Gente spietata. Gente senza scrupoli. Gente che non si fa problemi di sorta a trasportar­e anche più di quaranta chili di marijuana in macchina con i figli piccoli a bordo per provare a passare inosservat­i, come scoperto dai militari di Saronno a Gerenzano, a settembre dello scorso anno. Il gip di Busto Arsizio Luisa Bovitutti sottolinea, in più di un passaggio contenuto nelle settanta pagine di provvedime­nto cautelare (all’appello mancano due ricercati), lo spessore di questi criminali. Criminali come Ilir Aliu, 44 anni tra pochi giorni, albanese di Fagnano Olona, nel Varesotto, e dei suoi nipoti: «Costituisc­ono la cerniera tra i fornitori albanesi gestiti da Ilir in patria, ed i fornitori al dettaglio in Italia, che acquistano di volta in volta importanti quantitati­vi di eroina», si legge nell’ordinanza. I nipoti di Ilir Aliu sono Plebjanko e Xhuliano Aliu, 23 e 26 anni. Sono loro che la sera del 12 giugno si trovano su quella Punto a Rogoredo (una zona in cui sono recati molte volte, come emerso dai tabulati telefonici), per piazzare il chilo di eroina.

I controlli degli «sbirri» Nonostante i due non siano dei «dilettanti», mostrano un

La tattica Il gruppo trasportav­a la merce su auto con a bordo bimbi piccoli per evitare controlli

certo nervosismo. «Non fare come se fossi un profession­ista», dice uno. Ovvero: stai concentrat­o, occhio agli sbirri, perché gli albanesi sanno, come tutti quanti, dei numerosi controlli in zona delle forze dell’ordine. E l’altro: «Per ogni cosa mi fermo io, cugino, tu scappa a piedi con quella borsa, hai sentito?». Ma l’affare riesce. E a trattative completate, ecco la «cronaca» di quanto avvenuto, con parole che cristalliz­zano ancora una volta che cosa sia oggi Rogoredo: «Questo prende pure la spazzatura... Questo, ti dico io, prende sporcizia... Se non gliela lasciavo a quello, io dove la portavo?». Al bosco è così: basta che ci sia la droga. Anche se, come raccontano i due albanesi intercetta­ti, in precedenza lo stesso «lotto» era stato consegnato a dei clienti ai quali non era affatto piaciuta.

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L’assalto Un’immagine scattata dopo il duplice omicidio di Canegrate, quando due albanesi erano stati ammazzati a colpi di pistola nonostante un disperato tentativo di fuga in macchina. Da quell’episodio è nata l’inchiesta che ha portato ai dieci arresti

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