BULLI E VITTIME SENZA ETÀ
Un ragazzo viene preso di mira da una gang di ventenni brianzoli. Il suo torto è la timidezza. Non contenti di tormentare il coetaneo, i bulli (vigliacchi) se la prendono anche con suo padre, perché ha avuto l’impudenza di chiedere loro le ragioni della persecuzione. Ne nasce una lite tra genitori, poi l’inseguimento in auto da parte dei bulli, che con un pugno procurano all’uomo una frattura multipla in faccia. È quanto veniva raccontato ieri su queste pagine. Non sono passate due settimane da quando una classe di un istituto superiore di Vimercate ha mandato all’ospedale la professoressa di italiano: abbassate le tapparelle, è partito un lancio di oggetti e tra gli oggetti che volavano al buio una sedia è andata a colpire la spalla dell’insegnante. La parola «bullizzare» da qualche anno è entrata nel vocabolario della lingua italiana: è la prepotenza (vigliacca) nei confronti di una persona percepita come diversa o più debole. Ieri si è saputo che a Ravenna un undicenne è stato minacciato con un coltello puntato alla gola da quattro compagni ovviamente più grandi. Anche quando sono i genitori a subire, è difficile sfuggire all’idea che l’ambiente familiare sia estraneo all’aggressività e alla vigliaccheria con cui tanti giovani affrontano la vita sociale. Qualcuno sostiene che l’educazione (civica e non solo) dovrebbe tornare nei programmi scolastici. Giusto. Purché per un’ora alla settimana sui banchi di scuola, con i figli, prendano posto anche i genitori (quelli che fomentano e quelli che subiscono).