Le neo-direttrice «Diamo la svolta al Beccaria»
Buccoliero: incontri con gli studenti milanesi e aumento delle messe in prova
ÈCosima Buccoliero la nuova direttrice del carcere minorile Beccaria. Già vice direttrice a Bollate, nella casa di reclusione di via Calchi Taeggi vuole dare una svolta decisa: più rapporti con l’esterno, «messe alla prova» e dialoghi. « Da 10 anni aspettavamo un direttore che mettesse fine all’interregno spesso degenerato nel caos», dice il cappellano don Gino Rigoldi.
«È urgente imprimere una svolta decisa al Beccaria, dare un segnale forte. Il carcere ha enormi potenzialità, per farle emergere lavoreremo sulle relazioni». Cosima Buccoliero, vice direttrice a Bollate, lunghissima esperienza nei penitenziari (ma nessuna nel minorile), è appena stata nominata direttrice reggente in via Calchi Taeggi.
Dottoressa Buccoliero, si dividerà tra Beccaria e Bollate?
«Starò quattro giorni a settimana al Beccaria. Il passaggio è delicato, è ripartita finalmente la ristrutturazione dell’edificio e non possiamo permetterci ulteriori ritardi: nel giro di un anno massimo dovrà esserci posto per almeno ottanta detenuti, rispetto ai 37 attuali. Dobbiamo costruire una visione chiara, aumentare l’osmosi tra “dentro” e “fuori”».
Da gennaio ci sono stati 7 episodi di grave disordine. I
suoi primi passi?
«Voglio coinvolgere il personale di tutte le aree, impostare un piano comune. Parlare a lungo con i ragazzi, capire le storie, i sogni. Instaurare un rapporto con ognuno di loro. Devono vedermi come figura autorevole, portatrice di progetti per la loro quotidianità e la loro vita futura. Il percorso degli adolescenti nelle mura dovrebbe essere il più breve possibile».
Il 10 novembre entra in vigore la riforma dell’ordinamento penitenziario e per la prima volta si parla di misure alternative ah hoc per i minori. Cosa ne pensa?
«Il carcere minorile deve operare a braccetto con le comunità. Il percorso rieducativo deve essere condiviso, per il bene dei ragazzi. Dovrebbe essere aumentata poi la percentuale di imputati cui viene concessa la messa alla prova (con cui si sospende il processo penale e — se l’esito della prova è positivo — il reato si estingue, ndr). Oggi è solo al 15 per cento ma in sette casi su dieci dà esito positivo perché i ragazzi si responsabilizzano. Intendo far rete con chi di minori si occupa da tempo, per capire quali percorsi risultano più efficaci».
C’è chi dice che i membri della polizia penitenziaria sono troppo giovani ed inesperti.
«E perché mai dovrebbe essere un fattore negativo? Anzi, coi detenuti che sono ragazzi, avere giovani poliziotti può essere un vantaggio».
Per il periodo della detenzione, come pensa di impostare la quotidianità?
«Ho in mente il modello Bollate, con un grande benefico scambio con l’esterno. Il Beccaria deve aprirsi molto di più. Penso all’istruzione e alla formazione professionale: ci sono già lezioni e insegnanti, favoriremo gli incontri con studenti delle scuole milanesi. Per i ragazzi è cruciale frequentare coetanei, per prepararsi a quando si reinseriranno nella società».
Con quali associazioni collaborate?
«Puntozero ad esempio sta raccogliendo fondi per aprire ai milanesi il teatro del penitenziario: mancano 50 mila euro, poi la loro idea diventerà realtà. E il Centro sportivo italiano organizza tornei, anche tra polizia e detenuti. Sono arrivata da pochi giorni e già stiamo mettendo in circolo nuove energie».
Al Beccaria ora ci sono 37 ragazzi, meno della metà sono minorenni e qualcuno ha persino più di 21 anni. Come vede questa convivenza?
«Possiamo ospitare detenuti fino ai 25 anni come prevede la legge, ma dobbiamo avere spazi adatti e ampi per creare ambienti separati. Un quattordicenne non può vivere costretto di fianco a un venticinquenne. Quando finiranno i lavori sulla struttura, saremo pronti a gestire al meglio la situazione».