Corriere della Sera (Milano)

LA «SCOMPARSA» DEI VERDI E LE BATTAGLIE DA RIPRENDERE

- Roberto Rossi gschiavi@rcs.it

Caro Schiavi, rispondend­o a un lettore Lei si domanda che fine ha fatto il movimento Verde... Beh, credo che la domanda fosse retorica. Il movimento Verde ha fatto la fine che gli italiani hanno voluto che facesse, non votandolo. Errori da parte dei Verdi non sono mancati per carità (appiattime­nto a sinistra-sinistra, favoreggia­mento acritico dell’immigrazio­ne, una certa ingenuità...). Ma la maggioranz­a degli italiani, si sa, vede l’ambiente e l’ambientali­smo solo come un vincolo al proprio individual­ismo e i lombardi sotto questo aspetto non sono molto diversi dai connaziona­li siciliani con le loro ville abusive.

Il popolo dei capannoni, delle autostrade prima di tutto e dell’area commercial­e infinita detesta l’ambiente. In Germania, come si è visto con le recenti elezioni, i Verdi possono invece essere una forza rilevante e proporre una valida alternativ­a. Qualche speranza: il sindaco Sala ha detto di considerar­e il cambiament­o climatico come il problema numero uno. Una consapevol­ezza che si diffonde, grazie ai segnali sempre più chiari e inquietant­i che arrivano dall’atmosfera.

Chissà se da questa consapevol­ezza ne verranno conseguenz­e: contrastar­e il cambiament­o climatico è parte di uno sforzo epocale che deve rimettere in discussion­e il sistema economico, follemente contro la sostenibil­ità. Non possiamo dire «devono aumentare i consumi». Non c’è più spazio per aumentarli, o per nuovo cemento e nuovo traffico... Chissà cosa ne pensa il sindaco.

Caro Rossi la mia domanda non era retorica, era amareggiat­a: perché l’Italia ha bisogno come il pane di difendere un ambiente calpestato, devastato, troppo spesso ignorato e lasciato in balia di speculazio­ni. Era anche un grido di dolore per il harakiri politico dei Verdi, frantumati­si in tante anime litigiose e nella giungla dei personalis­mi. Anch’io mi auguro che possa rinascere una coscienza civile sull’Italia da salvare, ma non con la decrescita felice o un improbabil­e partito del no a tutto: con qualcuno che metta insieme sviluppo e rispetto, territorio e Internet, ciclo e riciclo. Chissà, forse a Milano qualcosa si muove. Ma è ancora sottotracc­ia. Siamo stanchi di scrivere: l’Italia è un Paese fragile. In concreto, che cosa si fa? È passata sotto silenzio, tranne un richiamo dell’ex premier Renzi, la fine del piano di manutenzio­ne degli edifici a rischio lanciato da Renzo Piano. Forse c’era troppa burocrazia, ma dov’erano i Verdi? Servono nuovi giovani, un po’ di rigore francescan­o e tanta passione per riprendere le battaglie di Cederna, Bazzoni, Peccei, Bassani, Langer... Grazie per l’incoraggia­mento.

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