Corriere della Sera (Milano)

Giacomo Poretti intorno all’anima

«Qui c’è una parola a rischio di estinzione»

- Livia Grossi

«Diciamolo subito: non ci siamo separati, abbiamo solo deciso di prenderci un anno sabbatico, Aldo ha fatto un film, Giovanni un libro e io questo spettacolo». Giacomo Poretti, dopo aver festeggiat­o trent’anni di carriera con l’amatissimo trio, presenta la sua nuova creatura, «Fare un’anima» per la regia di Andrea Chiodi. Un monologo che tra un dubbio e una provocazio­ne s’interroga sui vari significat­i di questa parola. «L’idea è arrivata quando è nato mio figlio Emanuele», dice Poretti, «in quell’occasione padre Bruno, ex direttore del centro culturale San Fedele, ha pronunciat­o una frase sconvolgen­te: “bene, avete fatto un corpo, ora dovete fare l’anima”. Quelle parole mi sono rimaste dentro per molto tempo fino a quando ho deciso di affrontare la questione e mi sono divertito a immaginare le possibili reazioni dell’uomo medio a quella frase: “scusi dottore l’anima come è fatta, si vede con la prima ecografia? Quando si manifesta, prima o dopo i denti da latte? Siamo sicuri che serva, non è più importante sapere l’inglese? Ma anche Cosa ce ne facciamo?”».

E mentre ci si interroga tra una citazione letteraria e una poetica (voce off di Massimo Popolizio), le questioni aumentano, sul fronte social Poretti si scatena, «a cosa serve avere un’anima se c’è già la tecnologia che placa ogni desiderio e insicurezz­a? Oggi a prendersi cura di noi è l’ algoritmo del consumo, è lui che ti consiglia e ti guida nelle scelte e se per caso sei proprio messo male, c’è Siri che risolve tutto, qui la vedrete anche cantare e ballare con me». Tra le riflession­i oltre all’aspetto etico, anche quello linguistic­o: «le parole sono come le persone, se nessuno le frequenta vengono dimenticat­e, l’anima è una di quelle, è un vocabolo a rischio estinzione». Nessuna speranza dunque? «L’anima è fragile, ma se le dai la possibilit­à di es- serci c’è, chi si interessa di lei si interessa anche di altre cose, proprio come quando compri un oggetto su Amazon e poi subito ti arrivano altre proposte di acquisto». Uno spettacolo divertente dove la comicità diventa il linguaggio per poter affrontare anche temi più profondi «sono credente, ma l’aspetto religioso in questo caso è in secondo piano, ciò che mi interessa è interrogar­ci su quanto siamo padroni di noi stessi, chiederci da dove vengono i nostri pensieri e quelle voci che sentiamo dentro, domande insomma che almeno una volta tutti quanti ci siamo fatti. Le Risposte? Nessuna, l’importante è che ognuno cerchi la propria».

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Monologo Giacomo Poretti sarà in scena da domani al Teatro Leonardo

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