Corriere della Sera (Milano)

Gioele Dix: «Cerco di essere un padre solido e protettivo»

Gioele Dix in scena tra classici e autobiogra­fia

- Di Livia Grossi a pagina

Ci sono diversi modi di parlare del rapporto padre-figlio, Gioele Dix, appassiona­to di grandi classici, si rivolge ad Omero e il viaggio di Telemaco alla ricerca del padre Ulisse diventa lo spunto per il suo ironico monologo «Vorrei essere figlio di un uomo felice», uno sguardo beffardo sul tema assenza, genitorial­ità, vecchiaia e perdita dove le pagine dell’Odissea s’incrociano con riflession­i letterarie ed esperienze personali. «Ho avuto un padre severo e ingombrant­e e ho più di un figlio, ma parlarne non è facile», spiega l’attore. «Per farlo ho scelto una guida alta, i primi quattro canti dell’Odissea, quelli in cui pare non accada nulla; c’è solo una moglie che aspetta il ritorno del marito e il figlio che non ha mai visto suo padre, Telemaco, un diciottenn­e a cui non basta esser discendent­e di un uomo importante. “Vorrei essere figlio di un uomo felice, non di un uomo perso nei mari’: è questo ciò dice il ragazzo alla Dea Atena, la nostra psicanalis­ta dell’Olimpo, e lui non sa che il papà, in verità, se la sta spassando nell’isola con Calipso».

Parte da qui il viaggio iniziatico di Telemaco, un percorso per terra e per mare dove le parole di Omero incontrano quelle di Milan Kundera, Paul Auster e Valerio Magrelli, ma anche le divagazion­i dell’autore. «Nessuna lezione astratta, qui c’è l’esperienza del vissuto: con mio padre ho avuto un rapporto felice, certo poca affettuosi­tà ma per questione di abitudine; era un uomo molto esigente, autorevole ma mai autoritari­o, un padre ingombrant­e; quando vedevo quello degli altri pensavo di esser stato sfortunato, invece oggi lo ringrazio per quello che è stato». La conversazi­one si sposta sui padri di oggi. «Li vedo troppo morbidi e incerti, depotenzia­ti dal loro ruolo e questo non ha niente a che vedere con il doveroso aiuto che loro portano nel quotidiano, mi riferisco a quella libertà di cui Gaber parlava negli anni 80 con “Padri miei”, che in scena canto a modo mio». Ma a casa Gioele Dix che padre è? «Me lo chiedo tutti i giorni, sono troppo duro, sufficient­emente democratic­o o sono nel guado? Cerco di essere un padre solido e nello stesso tempo protettivo, facendo attenzione a non esagerare; ovviamente faccio un sacco di errori, anche mio padre li faceva, ma forse non se ne preoccupav­a più di tanto». Un tema importante, dunque, anzi fondante del nostro vivere, affrontato con ironia e leggerezza; uno spettacolo che termina con un pugno nello stomaco, «un tenero e doloche roso addio ai padri dedicato al momento in cui il rapporto finisce perché è irrecupera­bile o per fine vita. Cosa desidero lasciare al pubblico? Mi auguro che i padri riflettano sul loro ruolo da conquistar­e ogni giorno perché i padri non sono solo quelli biologici ma anche quelli che ti scegli. Ai figli vorrei dire invece di portare rispetto a quell’uomo se quell’uomo ne ha avuto altrettant­o nei loro confronti».

L’autore

«Ho avuto un papà severo e ingombrant­e Esigente, autorevole ma mai autoritari­o»

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 ??  ?? Gioele Dix, 61 anni. Dopo aver vestito i panni di Jorge Luis Borges nella pièce ««Cita a ciegas», torna con un monologo che unisce Omero, Kundera, Paul Auster e Magrelli
Gioele Dix, 61 anni. Dopo aver vestito i panni di Jorge Luis Borges nella pièce ««Cita a ciegas», torna con un monologo che unisce Omero, Kundera, Paul Auster e Magrelli

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