«Rozzano, lavori all’ex boss? Tutto in regola»
La difesa del sindaco. Dalle partecipate un debito milionario
Nessuna irregolarità nei lavori affidati dal Comune alla coop che fa capo all’ex boss della droga Umberto Palomba. E sulle nomine sono state rispettate tutte le regole. Così il sindaco di Rozzano Barbara Agogliati chiarisce il ruolo della sua amministrazione dietro al dissesto finanziario delle società municipalizzate. «Il postino? È stato il solo a partecipare al bando».
Il postino resta dov’è. E anche il professore di educazione fisica continuerà a sedere sulla sua poltrona. Il fatto che il portalettere Mauro Caraccini e il prof Gianfranco Sgambato ricoprano incarichi di vertice — rispettivamente presidente del cda di «Area Sud» e dirigente procuratore di «Ama» — dentro a società in rappresentanza dei soldi del Comune di Rozzano non scompone il sindaco Barbara Agogliati. Preoccupata piuttosto di risanare i conti delle aziende municipalizzate e garantire i servizi ai cittadini. Nella speranza che quanto pianificato dalla giunta confermi i risultati positivi emersi nel nuovo bilancio di «Ama»: un utile di 4,8 milioni e un margine operativo lordo di 250 mila di euro.
Una cifra positiva arrivata anche grazie alla cessione delle quote di «Miogas» per 13,5 milioni. Soldi che sono una boccata d’ossigeno per una municipalizzata che ha davanti lo spauracchio di quanto già accaduto ad «Api», la società di gestione del patrimonio pubblico, fallita con un buco di 30 milioni.
Una gestione disastrosa che risale ai tempi della giunta guidata da Massimo D’Avolio, ex sindaco poi consigliere regionale, e oggi «spina nel fianco» del sindaco Barbara Agogliati, che come lui rappresenta il centrosinistra, e che all’epoca era assessore proprio alle partecipate. In merito a quel periodo , il sindaco, dice di non aver avuto particolare margine operativo «in quanto ogni decisione era nelle mani di D’Avolio». Di fatto il sindaco Agogliati ha ereditato una situazione totalmente compromessa: «Ho dato la priorità anzitutto ai servizi ai cittadini, alla garanzia di continuità — spiega —. Poi a strumenti che potessero fermare l’emorragia dei conti di Api. I beni non sono ancora all’asta, e il Comune ha avviato una trattativa con i curatori fallimentari per ottenere la restituzione degli immobili e delle reti». C’è un nodo però, nella storia del dissesto di Rozzano, che sta emergendo lentamente. Riguarda una serie di lavori dati con affidamento diretto alla coop «Ugr» della figlia di Umberto Palomba, ex capo criminale di Rozzano negli anni Novanta e uscito dopo una condanna a 20 anni per droga e omicidio. «Si è trattato di una parentesi tra il fallimento di Api e il passaggio delle competenze ad Ama», hanno spiegato dal Comune. Proprio per questo la scelta di affidarsi direttamente alla coop per lavori come il verde o la manutenzione dei cimiteri. Oltre 200 mila euro solo nel 2016.
Perché il Comune si è affidato solo alla Ugr? «Perché era sul territorio e perché i lavori venivano eseguiti nel modo corretto. Inoltre aveva una funzione sociale dare chance ad ex reclusi», spiega il sindaco. Ma non vi è parso strano dare così tanti lavori a chi vent’anni prima era il capo della malavita rozzanese? «Palomba ha intrapreso un percorso di legalità. Abbiamo sempre rispettato le procedure».
I controlli previsti dalla legge hanno riguardato i titolari della coop e non i singoli lavoratori. L’ex boss Umberto Palomba, pur essendo l’anima della Ugr, non figura tra i titolari. Possibile che in Comune nessuno sapesse del suo passato? «Sappiamo della condanna, non conosciamo i dettagli delle indagini. Per noi è una persona che ha pagato il suo debito con la giustizia». Quanto al pregiudicato Speria, quello della via crucis per le vie di Rozzano, il sindaco ribadisce che non ci sono mai stati rapporti con l’amministrazione e che il capannone non era di proprietà comunale». E sulle nomine di Caraccini e Sgambato? «Sono avvenute nel pieno rispetto della legge. Caraccini è stato il solo a partecipare al bando indetto da Ama per il Cda e non si tratta di una diretta nomina comunale».
Le scelte sulle società Ero in giunta ma le decisioni erano in mano al mio predecessore, non avevo margine operativo