In pensione Carmine Gallo superpoliziotto anti-rapimenti
Il saluto
è chi gli deve la vita. Come Alessandra Sgarella e Cesare Casella tornati a casa dopo mesi sulle montagne d’Aspromonte. E c’è chi (e sono in molti) a Carmine Gallo deve la carriera. Perché dietro a una grande operazione di polizia (su tutte la più importante inchiesta sui calabresi a Milano, l’indagine Nord Sud del ‘93) ci sono sempre investigatori che hanno sacrificato la loro esistenza, la famiglia, in nome del dovere. Uomini perbene, ancora prima che poliziotti. Carmine Gallo, 60 anni, lascia da dirigente del commissariato di Rho, una carriera in polizia lunga 40 anni. Ma il suo lavoro sarà sempre legato alle inchieste che hanno fatto la storia d’Italia (quelle sui sequestri di persona e sul serial killer Michele Profeta) e a un tempo in cui — come ha ricordato l’amico, e oggi questore di Torino, Francesco Messina — «la polizia giudiziaria erano solo la squadra Mobile e la Criminalpol». Anni in cui agli investigatori veniva richiesto di farsi carico delle lacune dello Stato, come la gestione dei pentiti. Un’epoca che in molti (dirigenti e magistrati) hanno voluto cancellare, spesso dimenticandosi di chi nel fango ha dovuto mettere le mani in virtù di una ragion di Stato. Per risolvere emergenze, per portare a casa vite. Carmine Gallo, anche quando s’è trovato sul banco degli imputati, non è mai venuto meno al suo giuramento. Da uomo dello Stato, con la «U» maiuscola. (c. giu.)