In scena le drag queen di «Kinky Boots»
Debutta al Teatro Nuovo «Kinky Boots», versione italiana del musical composto dalla cantante Cyndi Lauper
Disinvolte ed eccessive, sfilano su tacchi vertiginosi sfoggiando acconciature vistose e stivaloni a mezza coscia, interpretando, ciascuna, un volto dell’Inghilterra: la regina Elisabetta e la sua antenata Vittoria, la guardia reale, persino una Ziggydrag in omaggio al David Bowie più trasgressivo. Con una serie di flashmob, iniziati durante le settimana delle moda in settembre e proseguiti ancora ieri in piazza San Babila, le Angels — sei muscolosi ragazzoni «en travesti» di nome Pasquale, Pierluigi, Daniele, Giulio, Giuseppe, Christian, studi di danza e canto e parecchi spettacoli in curriculum — si sono già impadronite del centro di Milano. Sono l’agguerrito corpo di ballo di dragqueen del nuovissimo musical «Kinky Boots», al debutto da venerdì fino al 6 gennaio al Teatro Nuovo, ultima produzione di una fortunata serie: «Jersey Boys», «Spamalot», «Hairspray», «La Febbre del Sabato Sera», «La Famiglia Addams». Come i precedenti, è diretto dal regista Claudio Insegno ed è la prima versione italiana dell’omonimo musical composto dalla poprocker Cyndi Lauper (musiche e liriche), libretto di Harvey Fierstein (il papà di «La Cage aux folles») in scena a Broadway nel 2013 e nel West End di Londra nel 2015, ispirato al film del 2005 della Miramax scritto da Dean-Firth.
Lo spettacolo, con orchestra dal vivo di dieci elementi diretta da Angelo Racz, vede Marco Stabile (già Jersey boy) nel ruolo del protagonista Charlie Price, erede di una fabbrica di scarpe tradizionali sull’orlo del fallimento. Mentre sta per licenziare, ecco l’incontro illuminante con la «queen» Lola, interpretato da Stan Believe, che gli ispirerà una nuova linea di calzature femminili calibrate sul peso e sulle misure degli uomini en travesti: «È un musical che celebra l’amicizia e contiene un messaggio importante: la necessità di essere ciò che sei, al di là delle apparenze», afferma Stabile. L’ambientazione di Francesco Fassone colloca l’azione in una comunità dell’Essex negli anni Quaranta, mentre Lella Diaz firma 180 costumi, calzature e parrucche per un cast di una trentina di elementi, mossi dalle coreografie di Valeriano Longoni. Nella variegata umanità che ruota intorno alla fabbrica c’è anche un omofobo, che sfiderà a boxe la drag Lola innescando un colpo di scena. Il sottotitolo del film da cui è tratto (con licenza) il musical era «Decisamente Diversi», ma non basta vestirsi da donna per assurgere alle vette trasformiste delle dragqueen. È per bocca di Lola che viene snocciolata la loro supremazia: «una dragqueen indossa una tunica ed è subito Cleopatra, un travestito si mette in abito da donna e subito somiglia a Winston Churchill con i mutandoni della nonna». Nonostante ciò, il regista Claudio Insegno precisa: «Abbiamo preferito scritturare sei performer e non dragqueen, perché le professioniste tendono ad assumere l’identità dei personaggi che vestono, da Liza Minnelli a Barbra Streisand: per lo spettacolo, abbiamo bisogno di interpreti più centrati sulla propria personalità».