Corriere della Sera (Milano)

Pranzo da casa si allarga il fronte

Avvocati in campo contro il «panino separato». I paletti del Miur

- di Elisabetta Andreis

Si amplia il fronte per la «schiscetta» da casa mangiata allo stesso tavolo dei bambini iscritti alla mensa scolastica. Dopo la primaria Moro, pronte a partire le diffide legali in altre due scuole.

Marino e dal 2001 gestisce il pranzo per 75 mila alunni delle scuole comunali.

A fronte di quell’impegno (con annesse responsabi­lità) l’azienda vuole ridurre al minimo le defezioni, anche per riuscire a mantenere le economie di scala e non far lievitare i costi. A Milano le «schiscette» sono ancora pochissime, meno di cinquanta, ma in altre città come Torino, dove si mangia tutti insieme a prescinder­e dalla provenienz­a del pasto, sono addirittur­a 8 mila su 41 mila.

Netta è infatti la risposta di Milano Ristorazio­ne ai presidi che chiedono come comportars­i. Il mese scorso ad esempio così scriveva a una primaria dove alcune famiglie hanno chiesto l’esonero: «Restiamo in attesa di dichiarazi­one ufficiale nella quale ci comunica che è presente nel refettorio una zona attigua e separata per chi usufruirà del pasto domestico (…). La scuola dovrà garantire la sorveglian­za, l’assistenza educativa, la preparazio­ne e pulizia dello spazio adibito al consumo del pasto domestico (...). È poi necessaria la dichiarazi­one dei genitori che si assumerann­o la responsabi­lità della qualità nutriziona­le e l’igiene del pasto domestico (...). La responsabi­lità per eventuali inconvenie­nti derivanti dalla presenza di alunni non iscritti al servizio di refezione resta a vostro esclusivo carico». Da quando, due anni fa, è stato ammesso il pasto da casa, molto è cambiato. All’inizio era precluso l’ingresso in mensa, poi è stata concessa, «al fine di assicurare il valore educativo del tempo mensa e di tutelare la libertà di scelta delle famiglie (...) ma eventualme­nte anche in aree appositame­nte dedicate dello stesso refettorio», com’è scritto nella vigente circolare dell’Ufficio scolastico regionale.

Di fatto, la decisione finale è demandata ai presidi, in un quadro normativo che lascia spiragli. Una sentenza del Consiglio di

Stato ha sentenziat­o che tutti gli alunni hanno diritto a «non essere discrimina­ti, tantomeno in base al cibo che consumano». E anche una circolare Miur, pur mettendo precisi paletti, lascia aperta la porta: «Si dovrà riservare ogni attenzione atta a evitare la possibilit­à di contaminaz­ioni da compresenz­a di cibi (…) prendere precauzion­i analoghe a quelle della somministr­azione dei pasti speciali (…) si potrà chiedere per il controllo delle eventuali fonti di pericolo anche il supporto della Asl».

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