Pranzo da casa si allarga il fronte
Avvocati in campo contro il «panino separato». I paletti del Miur
Si amplia il fronte per la «schiscetta» da casa mangiata allo stesso tavolo dei bambini iscritti alla mensa scolastica. Dopo la primaria Moro, pronte a partire le diffide legali in altre due scuole.
Marino e dal 2001 gestisce il pranzo per 75 mila alunni delle scuole comunali.
A fronte di quell’impegno (con annesse responsabilità) l’azienda vuole ridurre al minimo le defezioni, anche per riuscire a mantenere le economie di scala e non far lievitare i costi. A Milano le «schiscette» sono ancora pochissime, meno di cinquanta, ma in altre città come Torino, dove si mangia tutti insieme a prescindere dalla provenienza del pasto, sono addirittura 8 mila su 41 mila.
Netta è infatti la risposta di Milano Ristorazione ai presidi che chiedono come comportarsi. Il mese scorso ad esempio così scriveva a una primaria dove alcune famiglie hanno chiesto l’esonero: «Restiamo in attesa di dichiarazione ufficiale nella quale ci comunica che è presente nel refettorio una zona attigua e separata per chi usufruirà del pasto domestico (…). La scuola dovrà garantire la sorveglianza, l’assistenza educativa, la preparazione e pulizia dello spazio adibito al consumo del pasto domestico (...). È poi necessaria la dichiarazione dei genitori che si assumeranno la responsabilità della qualità nutrizionale e l’igiene del pasto domestico (...). La responsabilità per eventuali inconvenienti derivanti dalla presenza di alunni non iscritti al servizio di refezione resta a vostro esclusivo carico». Da quando, due anni fa, è stato ammesso il pasto da casa, molto è cambiato. All’inizio era precluso l’ingresso in mensa, poi è stata concessa, «al fine di assicurare il valore educativo del tempo mensa e di tutelare la libertà di scelta delle famiglie (...) ma eventualmente anche in aree appositamente dedicate dello stesso refettorio», com’è scritto nella vigente circolare dell’Ufficio scolastico regionale.
Di fatto, la decisione finale è demandata ai presidi, in un quadro normativo che lascia spiragli. Una sentenza del Consiglio di
Stato ha sentenziato che tutti gli alunni hanno diritto a «non essere discriminati, tantomeno in base al cibo che consumano». E anche una circolare Miur, pur mettendo precisi paletti, lascia aperta la porta: «Si dovrà riservare ogni attenzione atta a evitare la possibilità di contaminazioni da compresenza di cibi (…) prendere precauzioni analoghe a quelle della somministrazione dei pasti speciali (…) si potrà chiedere per il controllo delle eventuali fonti di pericolo anche il supporto della Asl».