La Santa Caterina di Campi per la chiesa di Sant’Angelo in mostra al Museo Diocesano
Lo stesso anno in cui Caravaggio cominciava il suo apprendistato a Milano nella bottega di Simone Peterzano — era il 1584 — nella chiesa di Sant’Angelo veniva issata l’enorme tela con «Santa Caterina visitata in carcere dall’imperatrice Faustina» dipinta dal cremonese Antonio Campi (1523-1587). Il lavoro era stato molto impegnativo perché la superficie misurava quattro metri di base per cinque di altezza; eppure il risultato non fu per niente apprezzato dal maggior critico del tempo, e pittore egli stesso, Giovanni Paolo Lomazzo. Questi dileggiò il collega Campi con l’accusa di aver cercato di coprire l’incapacità di dipingere le figure facendo ricorso a giochi di luce. E non si può dargli torto perché, mentre i personaggi appaiono come goffi burattini, al contrario i dettagli della luna, degli aloni luminosi intorno a una torcia e a una lanterna hanno qualcosa di magico. Tanto che, nel secolo scorso, Roberto Longhi, non poté fare a meno di notare come quelle invenzioni luministiche si fossero tanto impresse negli occhi di Caravaggio da tornare come citazioni fin negli ultimi quadri. Appena restaurata da Delfina Fagnani grazie a Banco BPM Bergamo, prima di tornare dietro la cancellata della buia cappella Gallarati, la tela rimarrà esposta al Museo Diocesano da domani al 13 gennaio (p. za Sant’Eustor- gio 3, ore 10-18; lun. chiuso; ingr. a tutto il museo € 8/4) e sarà un’occasione unica per ammirarla da vicino, ancora nel telaio da lavoro. Non sfuggirà, così, uno strano dettaglio dipinto sul pavimento: un mucchietto che sembrerebbe cera colata dalla fiaccola; ma poiché arriva con piccole tracce fino a un cagnolino, potrebbe trattarsi di ben altro, qualcosa cui allude la parola «fecit» che manca proprio accanto alla firma del pittore Antonius Campus.