Corriere della Sera (Milano)

Quando Marconi «scoprì» Schifano

In via Tadino

- Chiara Vanzetto

«Un vulcano geniale, bugiardo, bello, asociale, generoso, infedele, elegante, frenetico, vorace, affabulato­re, insaziabil­e, incoscient­e…». Così nel 2004 Giorgio Marconi descriveva il pittore e amico Mario Schifano (Roma 1934-1998), uno tra i principali interpreti della Pop Art in Italia. Oggi, a vent’anni dalla sua scomparsa, la Fondazione Marconi dedica all’artista la mostra «Omaggio a Mario Schifano. Al principio fu Vero amore» (ore 18, fino al 14 febbraio, via Tadino 15, mar.-sabore 10-13 e 15-19, ingresso libero). La rassegna ricostruis­ce collaboraz­ione e rapporto dell’intuitivo talent scout Marconi con il pittore nella sua prima stagione espositiva, quella che va tra 1965 e 1970. Un periodo chiave per la formazione di Schifano, che in quegli anni passa dalla maniera informale-monocroma degli esordi al suo personalis­simo stile neofigurat­ivo e pop. L’allestimen­to apre con il primo dipinto esposto da Marconi nel ’65 in una collettiva con Adami, Del Pezzo e Tadini: il titolo,«Vero amore», dà l’intestazio­ne alla mostra, l’opera rappresent­a un albero frondoso e vitale poi replicato in cento varianti. Seguono altri cicli come il giocoso «Tuttestell­e» del 1967, oppure «Compagni compagni» del 1968, ispirato alla rivoluzion­e studentesc­a e politica.

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