Corriere della Sera (Milano)

«Bullismo, i prof non vogliono vedere»

Parla il papà del ragazzo vessato

- di Andrea Galli

Si dice convinto che i professori della scuola media frequentat­a dal figlio, vittima di un bullo, abbiano le loro gravi responsabi­lità, perché non avrebbero visto né sentito nulla riguardo agli episodi che duravano «da tre anni». Parla il padre del 13enne finito nella strategia di violenza di un altro studente, di un anno maggiore, di una scuola nella periferia Sud. La vittima era stata costretta a rubare alcuni anelli in casa e a consegnarl­i al bullo. Aveva chiesto la restituzio­ne ma il 14enne aveva preteso il «pagamento» di 400 euro in contanti. L’indagine dei carabinier­i coordinati dalla Procura dei minori.

Si dice convinto che i professori abbiano le loro gravi responsabi­lità, perché non avrebbero né visto né sentito niente, a fronte di episodi che «io denuncio da tre anni». In realtà, vorrebbe anche approfitta­re dell’improvvisa ribalta mediatica per parlare di svariati altri temi, totalmente estranei rispetto ai fatti che lo riguardano e che sono questi: la persecuzio­ne a danno del figlio 13enne da parte di un altro studente, d’un anno maggiore, che ugualmente frequenta la scuola media della periferia Sud e arrestato dopo l’indagine dei carabinier­i coordinati dalla Procura dei minori. Il padre della vittima, che già in fase di denuncia agli investigat­ori aveva sottolinea­to il «disinteres­se» del corpo docenti, nel ricordare quanto subìto dal ragazzino, dal quel bullo costretto a rubare in casa gioielli e soldi da «versargli», sostiene che sul tema delle violenze nelle scuole manchi un adeguato livello di vigilanza da parte, per primi e per appunto, dei professori.

In verità questo padre, forse perché ancora scosso dalla vicenda o forse per altri motivi che conosce unicamente lui, allude a una certa lentezza, o quantomeno a una partenza tardiva, degli inquirenti, dimentican­dosi del fatto che l’Arma abbia fatto lavorare due stazioni, San Cristoforo e Porta Genova, e una Compagnia, quella di Porta Magenta, a evidente conferma di quanto la vicenda sia stata presa sul serio, e pure dimentican­dosi del profondo interesse dalla Procura dei minori. Parliamo di una vicenda grave, che ha visto in scena, come primo attore, il violento, il 14enne, nato a Milano, rimasto senza padre, con un precedente prima degli atti di bullismo, seguito da un’assistente sociale e da un gruppo di volontari del carcere minorile Beccaria. Elementi che testimonia­no l’esistenza di un articolato piano di recupero, anziché un abbandono delle istituzion­i. Di suo, forse «pentito» per aver creato dei problemi al bullo, finito in manette (ora è ai domiciliar­i), cosa che gli complicher­à di parecchio la vita da qui in avanti, la vittima, in fase di ricostruzi­one davanti ai carabi- nieri, aveva ripetuto che nella scuola non esiste nessun fenomeno di bullismo.

La «preda» e il persecutor­e si conoscono da tempo, il secondo è stato anche a casa del primo. Forse in quella circostanz­a aveva visto i due anelli in oro e aveva deciso che dovevano appartener­gli. Infatti ne aveva chiesto l’immediata consegna. Il 13enne aveva obbedito, senonché, terrorizza­to dalle conseguenz­a, a cominciare dalla possibile scoperta del «furto» da parte del padre, aveva comunicato la restituzio­ne dei preziosi. Quest’ultimo aveva alzato la posta e chiesto, in cambio, il «pagamento» di 400 euro. Soldi che il 13enne non era riuscito a racimolare arraffando­li dai portafogli dei genitori, e che secondo la versione del 14enne erano necessari per andare dal gioiellier­e di Lorenteggi­o che in precedenza aveva acquistato gli anelli, senza porsi la minima domanda sul fatto che arrivasser­o dalle mani di un ragazzino. Senza chiedersi se fossero la conseguenz­a di un furto o di una situazione famigliare «delicata», e pretendere delle spiegazion­i supplement­ari o ancora, perché no, «consultars­i» con le forze dell’ordine.

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La baby gang L'articolo di ieri del Corriere che ha denunciato il bullismo nella scuola media

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