«Bullismo, i prof non vogliono vedere»
Parla il papà del ragazzo vessato
Si dice convinto che i professori della scuola media frequentata dal figlio, vittima di un bullo, abbiano le loro gravi responsabilità, perché non avrebbero visto né sentito nulla riguardo agli episodi che duravano «da tre anni». Parla il padre del 13enne finito nella strategia di violenza di un altro studente, di un anno maggiore, di una scuola nella periferia Sud. La vittima era stata costretta a rubare alcuni anelli in casa e a consegnarli al bullo. Aveva chiesto la restituzione ma il 14enne aveva preteso il «pagamento» di 400 euro in contanti. L’indagine dei carabinieri coordinati dalla Procura dei minori.
Si dice convinto che i professori abbiano le loro gravi responsabilità, perché non avrebbero né visto né sentito niente, a fronte di episodi che «io denuncio da tre anni». In realtà, vorrebbe anche approfittare dell’improvvisa ribalta mediatica per parlare di svariati altri temi, totalmente estranei rispetto ai fatti che lo riguardano e che sono questi: la persecuzione a danno del figlio 13enne da parte di un altro studente, d’un anno maggiore, che ugualmente frequenta la scuola media della periferia Sud e arrestato dopo l’indagine dei carabinieri coordinati dalla Procura dei minori. Il padre della vittima, che già in fase di denuncia agli investigatori aveva sottolineato il «disinteresse» del corpo docenti, nel ricordare quanto subìto dal ragazzino, dal quel bullo costretto a rubare in casa gioielli e soldi da «versargli», sostiene che sul tema delle violenze nelle scuole manchi un adeguato livello di vigilanza da parte, per primi e per appunto, dei professori.
In verità questo padre, forse perché ancora scosso dalla vicenda o forse per altri motivi che conosce unicamente lui, allude a una certa lentezza, o quantomeno a una partenza tardiva, degli inquirenti, dimenticandosi del fatto che l’Arma abbia fatto lavorare due stazioni, San Cristoforo e Porta Genova, e una Compagnia, quella di Porta Magenta, a evidente conferma di quanto la vicenda sia stata presa sul serio, e pure dimenticandosi del profondo interesse dalla Procura dei minori. Parliamo di una vicenda grave, che ha visto in scena, come primo attore, il violento, il 14enne, nato a Milano, rimasto senza padre, con un precedente prima degli atti di bullismo, seguito da un’assistente sociale e da un gruppo di volontari del carcere minorile Beccaria. Elementi che testimoniano l’esistenza di un articolato piano di recupero, anziché un abbandono delle istituzioni. Di suo, forse «pentito» per aver creato dei problemi al bullo, finito in manette (ora è ai domiciliari), cosa che gli complicherà di parecchio la vita da qui in avanti, la vittima, in fase di ricostruzione davanti ai carabi- nieri, aveva ripetuto che nella scuola non esiste nessun fenomeno di bullismo.
La «preda» e il persecutore si conoscono da tempo, il secondo è stato anche a casa del primo. Forse in quella circostanza aveva visto i due anelli in oro e aveva deciso che dovevano appartenergli. Infatti ne aveva chiesto l’immediata consegna. Il 13enne aveva obbedito, senonché, terrorizzato dalle conseguenza, a cominciare dalla possibile scoperta del «furto» da parte del padre, aveva comunicato la restituzione dei preziosi. Quest’ultimo aveva alzato la posta e chiesto, in cambio, il «pagamento» di 400 euro. Soldi che il 13enne non era riuscito a racimolare arraffandoli dai portafogli dei genitori, e che secondo la versione del 14enne erano necessari per andare dal gioielliere di Lorenteggio che in precedenza aveva acquistato gli anelli, senza porsi la minima domanda sul fatto che arrivassero dalle mani di un ragazzino. Senza chiedersi se fossero la conseguenza di un furto o di una situazione famigliare «delicata», e pretendere delle spiegazioni supplementari o ancora, perché no, «consultarsi» con le forze dell’ordine.