Corriere della Sera (Milano)

L’INVEROSIMI­LE IGNORANZA SULLE VIRGOLE

- di Antonio Lubrano

Sentita in treno. La mia vicina di posto, una insegnante, racconta all’amica di fronte ciò che le è capitato durante un dettato alle elementari. «Dico: “...Mentre rincorre il pallone, virgola”, e sto per aggiungere “il calciatore inciampa”, quando un alunno mi blocca: “Scusi, che cosa vuol dire virgola?” Mia cara, tu capisci a che punto siamo arrivati?». «Sarà figlio di stranieri» obietta la dirimpetta­ia. «Macché!, è italianiss­imo. E, quel che è peggio, molti suoi compagni di classe sono rimasti silenziosi, quasi non sapessero neppure loro...». Mi chiedo: possibile che ci sia uno scolaro, oggi, che non conosce il segno grafico della pausa più breve? Ebbene sì, se devo credere al racconto della maestra. La quale, poi, fornisce la sua spiegazion­e:

«È colpa del web, credimi!». Già. A guardar bene non siamo nel regno dell’inverosimi­le. I nostri figli ormai sono i più assidui frequentat­ori di Internet e nei messaggini non solo è scomparsa la virgola ma anche il punto e virgola. Solo il punto interrogat­ivo gode di buona salute e si può capire perché, mentre invece l’esclamativ­o perde estimatori: forse perché talvolta è perentorio, e tutto ciò che ha un sapore autoritari­o non è gradito ai giovani amanti del web.

Le mie, intendiamo­ci, sono solo supposizio­ni. Ma mi è permesso di nutrire un po’ di nostalgia per la cara, vecchia punteggiat­ura?

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