Museo d’arte antica in periferia È il sogno di Filippo Lotti direttore generale di Sotheby’s Italia
Il direttore di Sotheby’s Italia si racconta e svela il suo desiderio «Avvicinare i quartieri limitrofi alla bellezza dell’arte antica»
L’accento, con le consonanti leggermente aspirate, è inconfondibile: Filippo Lotti non è originario di Milano. «Aretino», conferma, «poi gli studi, e il primo lavoro, a Firenze». Lo confessa subito, scusandosi: «In effetti io qui non ci volevo venire. Lasciare la Toscana è stato un dramma». Da quei giorni, quando pur di non restare nel capoluogo lombardo faceva avanti e indietro in giornata (senza l’alta velocità), sono passati 27 anni. E poi? «Mi sono affezionato, e ora ci sto benissimo», dichiara. «Mi piace, i miei tre figli sono nati qui...». Il vero atto d’amore è la fede calcistica: il direttore generale di Sotheby’s Italia tifa Milan («oggi tristemente», aggiunge pronto). Poi, sottovoce, rivela che ai colloqui scarta sempre gli juventini (ma naturalmente sta scherzando).
L’arte, per lui, non è soltanto lavoro. È vita, passione, gioia. In pratica tutto. Chiaro quindi che il suo sogno per la città adottiva non possa altro che ruotare lì intorno. Sogno decisamente ambizioso, lui sornione ammette, «si punta in alto». Racconta di aver fatto fatica a delinearne i contorni, a concretizzare mentalmente quello che è stato, da subito, il suo primo pensiero: avvicinare la periferia all’arte. Attenzione, non ai linguaggi espressivi più immediati, quelli di cui ci cibiamo oggi, più facili, più vicini al gusto moderno: il design, la grafica, la fotografia, la stessa arte contemporanea. Lui pensa all’arte classica, antica. Dice: «Pittura, scultura: opere che ci svelano chi siamo, da dove veniamo». Si illumina a un ricordo, racconta l’incontro con un gruppo di tecnici della carvolga tiera Magnani di Pescia, ultraottantenni con alle spalle una vita passata a lavorare la carta, a creare pagine, stupiti ed emozionati come bambini davanti a un incunabolo, «non ne avevano mai visto uno, ignoravano le modalità di stampa del passato». Ci siamo. Con semplicità confessa: «Sogno un museino in periferia, oltre alla seconda cerchia dei Navigli». Pesa le parole, attento a far comprendere la sua idea. «In quartieri dove non c’è tempo né curiosità per questa arte che spiega, forma, apre nuovi orizzonti. L’arte antica, poi, è tutta concentrata nel centro della città. Il museino, niente di faraonico, una o due opere per volta, oltre a stuzzicare, provocare, invertirebbe anche il flusso fra il dentro e l’esterno della città, creando contatto, dialogo, invece di separazione». Lotti accenna a una rete organizzativa condivisa fra istituzioni e privati, che coin- musei, gallerie d’arte, case d’asta («se qualcuno si fa avanti, io sono chiaramente disponibile»), collezionisti. «Insieme si potrebbero studiare i dettagli tecnici: trasporto, sicurezza, tempi, modalità». Dove? «Il massimo sarebbe renderlo itinerante, una sorta di museino portatile, in viaggio da una scuola all’altra, Gratosoglio, Giambellino, Quarto Oggiaro, Affori. Altrimenti, in via Sant’Abbondio, zona Chiesa Rossa, a cavallo fra i Navigli e via dei Missaglia, c’è un’ex concessionaria d’auto fantasma, un edificio abbandonato da tempo. Sarebbe perfetto».