Chiara Caselli, un amore via chat
L’attrice al Parenti con «Le ho mai raccontato del vento del Nord»
Lei scrive una mail collettiva di auguri natalizi, lui la riceve per errore, da quel momento prima impacciati poi sempre più convinti, i due sconosciuti trasformano la chat nel loro virtuale epistolario amoroso. Da stasera al Teatro Franco Parenti è in scena «Le ho mai raccontato del vento del Nord», versione teatrale dell’omonimo romanzo best seller di Daniel Glattauer qui diretto e adattato da Paolo Valerio, regista e attore al fianco di Chiara Caselli. Una poetica storia d’amore ai tempi di internet, ma anche una profonda riflessione sulla scrittura come strumento per enfatizzare l’immaginario, la scoperta di sé e dell’altro: «Emmi Rothner, sposa e madre irreprensibile di due figli, nella chat si racconta ed è più sincera di quanto non riesca ad esserlo nella vita di tutti i giorni», dice Paolo Valerio, «stessa cosa accade a lui, allo psicolinguista Leo Leike, un uomo reduce dall’ennesimo fallimento sentimentale, ma attenzione, non sono due perdenti, semplicemente due persone che s’innamorano delle parole e di ciò che scrivono». La scrittura dunque come amplificatore del sentire, lo strumento per svelare ogni volta qualcosa in più di sé, per cercarsi, un dialogo profondo tra due sconosciuti sempre più complici, due persone che non si incontreranno mai. Sul palco due isole separate, i loro mondi, da una parte lei con il suo tavolo tra la finestra e la poltrona, dalla parte opposta lui con la scrivania vicino al divano da single. Entra nel cuore della storia Valerio: «Nessun computer, piuttosto il flusso dei loro pensieri, un uomo e una donna che si stanno innamorando e parlano come se scrivessero o meglio dicono ciò che scrivono. Il tutto senza mai vedersi in faccia, all’epoca in cui fu scritto il romanzo (2006), non si poteva dialogare in video e il fascino dell’incontro con lo sconosciuto era totale». A proposito di immaginario e di vite parallele, Paolo Valerio racconta la sua esperienza: «Prima del debutto, nel 2014, sono entrato con un nome inventato in una chat, si è aperto un mondo inaspettato fatto di persone che hanno un enorme desiderio di raccontarsi, si parla di solitudine certo, ma anche del grande fascino che esercita l’incontro con lo sconosciuto e la casualità, come quando si scrive un messaggio in una bottiglia o si immagina la vita di chi è seduto davanti a noi in metro. Qui la storia tra Emmi e Leo ha un finale amaro, ma ciò che conta è il loro incontro, il desiderio di due persone normali che hanno voglia di vivere un sogno, questa è la cosa più importante: continuare ad avere il desiderio di sognare, uno sguardo aperto capace di includere l’altro».