Corriere della Sera (Milano)

Vecchie bottiglie e pennelli Lo studio di Giorgio Morandi nelle foto di Berengo Gardin

Da Contrasto le foto di Berengo Gardin raccontano com’era lo studio di Morandi

- di Chiara Vanzetto

«… ho scoperto che tutta l’infelicità degli uomini deriva da una sola causa: dal non saper restarsene tranquilli, in una camera». Parole di Giorgio Morandi, che invece, concentrat­o sull’essenza della pittura, in una stanza trascorse più di cinquant’anni tra il 1910 e il 1964. Attualment­e la camera, che era anche studio e atelier dell’artista, è proprietà del Comune di Bologna che l’ha riallestit­a filologica­mente con tutti i suoi arredi nel più vasto contesto del Museo Morandi, a Palazzo D’Accursio, tra disegni e dipinti. Ma nel 1993, quando l’ambiente è stato oggetto della ricerca fotografic­a di Gianni Berengo Gardin, tutto si trovava come e dove l’aveva lasciato il pittore, scomparso nel 1964: nel palazzetto di via Fondazza, sempre a Bologna, dove Morandi viveva con la madre e le sorelle.

Da oggi una selezione di questi scatti viene esposta alla Contrasto Galleria di via Meravigli 5: inaugurazi­one alle 18.30 alla presenza dell’autore (fino al 24 marzo; dal lunedì al venerdì ore 10-18 o su appuntamen­to, ingresso libero, per infor5mazi­oni tel. 02.89.07.54.20). Le case d’artista sono sempre luoghi suggestivi e rivelatori, luoghi privati della mente e dell’animo, luoghi intimi, che raccontano, attraverso spazi e oggetti, la liaison tra vita e arte. Non sfugge a questa regola la stanza morandiana, a cui Berengo restituisc­e la dignità di «tempio del pensiero» e regala la poesia semplice della verità in bianco e nero. Qui il pittore trascorrev­a le giornate, qui accoglieva il circolo ristretto degli amici come Arcangeli, Bassani, Brandi, Longhi, Tobino; qui si concentrav­a nel silenzio ad elaborare i suoi dipinti, i paesaggi visti dalla finestra e le essenziali nature morte. Nelle immagini esposte in mostra si ritrovano i suoi soggetti più caratteris­tici, dalle vecchie bottiglie che Morandi cercava dai robivecchi alle teiere, dalle ciotole ai bricchi, e poi il tavolo ricoperto di carta, gli scaffali con i libri, la sedia impagliata su cui poggia il cappello. Non una scenografi­a, né tantomeno l’habitat pittoresco e bohémien del pittore, ma uno spazio di esistenza autentica sottratto al furore del tempo.

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In posa Le bottiglie che Giorgio Morandi recuperava dai robivecchi, pronte per essere ritratte

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