Il fronte comune dell’arcivescovo contro la mafia
Appello di Delpini. Sala: uno sforzo unitario
Una «cittadinanza vigile» per combattere la mafia che «corrompe il tessuto produttivo della nostra regione». È questo l’invito-proposta dell’arcivescovo Mario Delpini, rilanciato ieri in occasione di un incontro organizzato da Libera. Con lui il fondatore dell’associazione antimafia don Luigi Ciotti, il sindaco Beppe Sala e il procuratore capo Francesco Greco.
Una «cittadinanza vigile» per combattere la mafia che «corrompe il tessuto produttivo della nostra regione». È questo l’invito-proposta dell’arcivescovo Mario Delpini, rilanciato ieri in occasione di un incontro organizzato da Libera. Seduto accanto al fondatore dell’associazione antimafia don Luigi Ciotti, al sindaco Giuseppe Sala e al procuratore capo Francesco Greco, l’arcivescovo conferma la sua piena consapevolezza dell’impatto della criminalità mafiosa sulla società lombarda: «Più che la corruzione della politica puntano sulla capacità di impadronirsi delle attività produttive con la forza dell’enorme quantità di denaro disponibile, mentre le aziende ne hanno grande bisogno e le banche tentennano o rifiutano il credito».
Delpini prende spunto dai risultati di una ricerca di Libera che indicano la scarsa percezione della gravità del fenomeno mafioso da parte dei cittadini. Quindi insiste sull’importanza di un’educazione che permetta di cogliere il pericolo ma che alimenti anche speranza, «perché la mafia non è invincibile». Per questo l’arcivescovo ringrazia Libera «per l’impegno educativo», ma poi spiega che informazione e formazione servono anche a evitare quella sfiducia che genera la «complicità della vittima» di estorsione, che finisce per pensare che «denunciare sia peggio che subire la mafia, e intanto l’intera filiera produttiva finisce in mani criminali». Quindi ricorda l’iniziativa della chiesa ambrosiana: una lettera a tutti i parroci per invitarli a prestare attenzione se percepiscono che nel loro paese o nel quartiere qualcuno è in difficoltà, indebitato: «Creiamo canali confidenziali per aiutarlo ed evitare che cada in mani mafiose». Perché, insiste, più «dell’eroe solitario» è fondamentale «la coralità della custodia del bene». Insomma, conclude l’arcivescovo, bisogna chiedere ai cittadini «una reazione perché maturino un abitare del territorio con senso critico».
Accanto a lui, il sindaco Sala conferma l’importanza di «stare insieme sul territorio, società civile, preti, oratori: è su questo che stiamo lavorando, perché così si moltiplicano le possibilità di incidere». Sala ricorda le misure antimafia messe in atto dal Comune — dalla commissione al comitato per la legalità — ma riconosce che «è giusto chiedere ai politici di fare di più». Quindi, di fronte ai risultati della ricerca sulla percezione persino eccessiva della corruzione politica, riprendendo le parole di don Luigi Ciotti e le tante citazioni del cardinale Carlo Maria Martini, invita a «non fare di tutta l’erba un fascio», anche perché, «qui c’è ancora il senso delle regole».
Il procuratore Francesco Greco spiega che il contesto di Tangentopoli è cambiato, che «Mani pulite è un’indagine che ratifica la fine di un mondo e non la rivoluzione che dà inizio a quello nuovo». La corruzione oggi si traduce spesso in peculato e le indagini puntano sui centri di spesa, «soprattutto le Regioni». Ma se le bustarelle nel mondo privato alterano la concorrenza, resta evidente un punto, che richiama le parole di Paolo Borsellino quando diceva che le tangenti sono l’anticamera della mafia: «La grande madre della corruzione — dice Greco — è l’evasione fiscale».
Il procuratore Greco Mani pulite ratifica la fine di un mondo, non la rivoluzione che dà inizio a quello nuovo