Corriere della Sera (Milano)

«Un incipit che vale tutto il Concerto»

Il violino di Krylov sulle note di Mendelssoh­n

- Enrico Parola

«È uno dei brani che mi accompagna­no da una vita; mi misi a studiarlo quando avevo 11 anni, presto ho iniziato a suonarlo in pubblico, a 16 con Kitaenko a Mosca: fu trasmesso in radio in tutta la Russia, ma a quell’età non sei cosciente della rilevanza mediatica, mi piaceva suonare con Dimitri e adoravo la musica di Mendelssoh­n, per me quello era il massimo e non pensavo alla notorietà che mi avrebbe portato quel concerto». Sergej Krylov, reduce da una tournée in patria dove è atteso anche nei prossimi mesi con direttori del calibro di Spivakov, Gergiev e Termikanov torna stasera a confrontar­si col Concerto di Mendelssoh­n, uno dei più amati e popolari dell’intera letteratur­a violinisti­ca; lo fa nella doppia veste di solista e direttore, alla guida del Pomeriggi Musicali.

«Non è facile abbinare queste due dimensioni in un brano dove il violino è chiamato a suonare quasi sempre, dalla prima pagina fino al virtuosist­ico finale, interament­e percorso da ricami e arabeschi». Mendelssoh­n infatti rinuncia alla canonica esposizion­e con la sola orchestra cui segue l’entrata del solista: qui il violino intona subito il suo canto su un tremulo appena accennato dagli altri archi: «Un inizio splendido, la prima pagina è il momento che mi è sempre piaciuto di più di tutto il concerto; mi aveva stregato quando avevo 11 anni e mi conquista ogni volta che lo risuono ora, a 48. Ma non mi chieda perché, non glielo saprei spiegare: è bello e basta; o forse è talmente bello che non c’è nulla da aggiungere, se non l’invito ad ascoltarlo».

La stessa «non spiegazion­e» ricorre sulla collocazio­ne del Concerto: Mendelssoh­n è detto il Mozart dell’Ottocento, il più classico dei romantici, «qui la struttura è decisament­e classica, ma la musica è assolutame­nte romantica; non è spiegabile a parole, è proprio la fattura melodica a trasportar­ci in un mondo che non è più quello del classicism­o viennese».

Due ore prima di suonare e dirigere (anche la sinfonia «Italiana»), Krylov dialogherà con il pubblico nella nostra lingua; il virtuoso moscovita parla infatti un perfetto italiano: «Mio padre fu uno dei primi liutai russi a specializz­arsi in Italia; non avevo ancora dieci anni quando si trasferì a Cremona e noi con lui. Sarà anche per quello che ho deciso di dedicarmi al violino. Ho usato uno Stradivari, ma oggi suono un violino che mi ha costruito papà e per me è il massimo».

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Solista e direttore Sergej Krylov, 48 anni, si esibisce con i Pomeriggi Musicali

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