«Un incipit che vale tutto il Concerto»
Il violino di Krylov sulle note di Mendelssohn
«È uno dei brani che mi accompagnano da una vita; mi misi a studiarlo quando avevo 11 anni, presto ho iniziato a suonarlo in pubblico, a 16 con Kitaenko a Mosca: fu trasmesso in radio in tutta la Russia, ma a quell’età non sei cosciente della rilevanza mediatica, mi piaceva suonare con Dimitri e adoravo la musica di Mendelssohn, per me quello era il massimo e non pensavo alla notorietà che mi avrebbe portato quel concerto». Sergej Krylov, reduce da una tournée in patria dove è atteso anche nei prossimi mesi con direttori del calibro di Spivakov, Gergiev e Termikanov torna stasera a confrontarsi col Concerto di Mendelssohn, uno dei più amati e popolari dell’intera letteratura violinistica; lo fa nella doppia veste di solista e direttore, alla guida del Pomeriggi Musicali.
«Non è facile abbinare queste due dimensioni in un brano dove il violino è chiamato a suonare quasi sempre, dalla prima pagina fino al virtuosistico finale, interamente percorso da ricami e arabeschi». Mendelssohn infatti rinuncia alla canonica esposizione con la sola orchestra cui segue l’entrata del solista: qui il violino intona subito il suo canto su un tremulo appena accennato dagli altri archi: «Un inizio splendido, la prima pagina è il momento che mi è sempre piaciuto di più di tutto il concerto; mi aveva stregato quando avevo 11 anni e mi conquista ogni volta che lo risuono ora, a 48. Ma non mi chieda perché, non glielo saprei spiegare: è bello e basta; o forse è talmente bello che non c’è nulla da aggiungere, se non l’invito ad ascoltarlo».
La stessa «non spiegazione» ricorre sulla collocazione del Concerto: Mendelssohn è detto il Mozart dell’Ottocento, il più classico dei romantici, «qui la struttura è decisamente classica, ma la musica è assolutamente romantica; non è spiegabile a parole, è proprio la fattura melodica a trasportarci in un mondo che non è più quello del classicismo viennese».
Due ore prima di suonare e dirigere (anche la sinfonia «Italiana»), Krylov dialogherà con il pubblico nella nostra lingua; il virtuoso moscovita parla infatti un perfetto italiano: «Mio padre fu uno dei primi liutai russi a specializzarsi in Italia; non avevo ancora dieci anni quando si trasferì a Cremona e noi con lui. Sarà anche per quello che ho deciso di dedicarmi al violino. Ho usato uno Stradivari, ma oggi suono un violino che mi ha costruito papà e per me è il massimo».