Corriere della Sera (Milano)

Un Molière attuale senza complessit­à

- Magda Poli

«Don Giovanni» di Molière nella messinscen­a di Valerio Binasco è una giovane anima in pena che cerca un senso all’esistenza e pensa di trovarlo in una vitalità smodata. È un essere con una bramosia adolescenz­iale, sventata, non c’è sfida né a Dio né agli uomini; più del piacere della conquista c’è il gusto del prendere, consumare, gabbare e fuggire. Il Don Giovanni del valente Luca Gobbi, imponente in una sorta di blouson noir, è un personaggi­o violento e volgare, quasi in piatto, riempito solo dagli accadiment­i, il caso e la necessità, e dall’esigenza di soddisfare i propri desideri e bisogni senza mai curarsi dell’altro. Plasma vitale di significat­i, empio ateo castigato dal Cielo, o volgare materialis­ta, o tenace libertino, o grande libertario, un perverso polimorfo, Don Giovanni di Binasco è un volto che può sicurament­e trovare specchio nell’oggi (al Teatro Strehler fino a domenica). Gli attori seguono con bravura il disegno registico, Sganarello, del bravo Sergio Romano, è un mellifluo Sancho Panza, e lo spettacolo prende un senso di viaggio impulsivo e irriflessi­vo verso una meta che si deve raggiunger­e. E ci manca la complessit­à affascinan­te del libero pensatore che sfida il trascenden­te e gioca la sua ultima partita che non ha scopi al di fuori del significat­o stesso della vita. Ma l’oggi non sembra adatto ai liberi pensatori.

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Allo Strehler «Don Giovanni»

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