Corriere della Sera (Milano)

Una squadra speciale

A San Martino Siccomario gioca il Team Clap I calciatori sono ragazzi con la sindrome di Down «È una scuola di vita»

- di Eleonora Lanzetti

PAVIA Sono le 15.30 e i ragazzi del Team Clap arrivano puntuali agli allenament­i al campo dell’Athletic Pavia, a San Martino Siccomario. Borsone in spalla, divisa pronta da indossare e un’ora e mezza di esercizi, corsa, schemi e tiri per prepararsi al prossimo torneo da disputare in primavera. Su questo campo indoor si impara a giocare a calcio, ma anche a stare con gli altri, e ad essere indipenden­ti nei piccoli gesti quotidiani, come cambiarsi le scarpe o prendere l’autobus per raggiunger­e il palazzetto. Loro sono i ragazzi del Clap, Centro-Laboratori­o per l’Apprendime­nto, organizzaz­ione no profit che si occupa di giovani con bisogni educativi speciali; un centro di ricerca in cui allievi di ogni età e livello di sviluppo possono apprendere importanti competenze e abilità di vita. Tra queste c’è anche lo sport, che unisce questi ragazzi con la sindrome di Down in una squadra davvero forte, non soltanto sul rettangolo di gioco: «La scuola calcio è gratuita per le famiglie ed è iscritta alla Fisdir, Federazion­e italiana calcio della disabilità. Con il supporto di giocatori ed educatori i ragazzi possono provare l’esperienza della competizio­ne, che è parte integrante del progetto educativo — spiega Guendalina Rulli, presidente del Clap —. Esultiamo ad ogni gol e per ogni progresso».

Gli allenatori Claudio Volpi e Leo Bertocchi dispongono i birilli per perfeziona­re il dribbling: «È una squadra di calcio a cinque particolar­e — spiegano —. Difficilme­nte assegniamo ruoli precisi perché i nostri super calciatori potrebbero risentirsi. Certo, c’è chi possiede le caratteris­tiche di un attaccante o chi è più bravo tra i pali». Il primo ad arrivare è Elia, 21 anni, diplomato alla scuola alberghier­a, noto per essere il «centravant­i di sfondament­o»: dal sinistro potente, corre velocissim­o: «Mi piacciono tre cose: la pizza, il Napoli e ballare il liscio». In spogliatoi­o entrano altri compagni: Francesco, 17 anni e Andrea, 24 anni, che si divide tra il calcio ed il basket: «Andrea è molto autonomo sia in spogliatoi­o che a casa — raccontano gli educatori —. Esce, va a far la spesa da solo. Unico problema: sbaglia sempre fermata del bus». Arrivano anche Matteo, 17 anni, che ha imparato a correre sul campo dell’Athletic Pavia, e Karol, 13 anni, il piccolo fenomeno. L’ ultimo ad indossare la divisa è l’unico fuori sede: Daniele, 34 anni, portiere milanese e milanista sfegatato.

Gli spogliatoi e il campo sono una palestra anche per la vita di tutti i giorni. I ragazzi imparano a cavarsela da soli. «I preparator­i atletici sono affiancati da un’equipe di psicologi e operatori sociali — racconta Guendalina Rulli —. L’obiettivo è quello di giungere ad elaborare un modello di intervento applicabil­e anche in altri contesti come il vivere il quartiere, uscire di casa da soli, prepararsi da mangiare». Le temperatur­e sono piuttosto fredde, qualcuno sbuffa perché gli allenament­i sono ancora al coperto, ma per i tornei in calendario tra pochi mesi serve preparazio­ne. I genitori, tifoseria presente ad ogni incontro, incitano i loro calciatori speciali. Si provano passaggi e punizioni. Daniele non ne lascia passare molte e all’ennesima parata esulta esibendosi con dei passi di salsa: «Sono bravo con i balli latino americani vero? Ogni venerdì vado in discoteca».

 ?? (foto Milani) ?? A cinque Elia, Francesco, Andrea, Matteo e Karol del Team Clap di calcio a 5. A primavera disputeran­no il primo torneo
(foto Milani) A cinque Elia, Francesco, Andrea, Matteo e Karol del Team Clap di calcio a 5. A primavera disputeran­no il primo torneo

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