È polemica sul restyling: «Non trattate piazza Alberti come uno slargo di paese»
Lo storico dell’architettura Bucci attacca il progetto del sindaco
Scriveva l’architetto umanista Leon Battista Alberti che «la città è come una grande casa e la casa una piccola città». Ma oggi tra badare a casa propria e badare alla città corre una piccola differenza… e così la piazza a lui dedicata a Mantova, su un lato del suo capolavoro, la Basilica di Sant’Andrea, è al centro di polemiche. Il sindaco Mattia Palazzi ha affidato l’incarico diretto del restyling della piazza Leon Battista Alberti, oggi parcheggio per le auto — e più o meno tutti sono d’accordo a toglierle — agli architetti Stefano Gorni Silvestrini e Diego Cisi di Archiplan Studio. Compito, «restituire alla zona la propria natura di piazza, ovvero di luogo di socializzazione dove passeggiare e riposare in tranquillità. Sfido chiunque a trovare un’altra città patrimonio dell’Unesco dove il retro di una basilica sia circondato dalle auto parcheggiate».
Il progetto, presentato il 12 gennaio scorso (vedi articolo del Corriere del giorno successivo), toglie le auto, rende omogenea la pavimentazione, realizza un lieve avvallamento nella pavimentazione con giochi d’acqua di piccole dimensioni e, in corrispondenza delle abitazioni, prevede una lunga panca in marmo e qualche albero che, spiegano i progettisti, «serviranno da mitigazione». Ma il progetto non ha convinto tutti. Il prorettore del Politecnico e storico dell’architettura Federico Bucci non ci sta a veder trattata piazza Leon Battista Alberti come una qualsiasi piazzetta di un qualsiasi paese. Ovvero con il ricorrente metodo che si riassume in: pavimentazione in pietra, piantumazione di due alberelli, gioco d’acqua e panchina al sole.
«Una città patrimonio Unesco merita di essere trattata diversamente, anzitutto si doveva passare attraverso un concorso per maturare più idee e si doveva sviluppare una particolare sensibilità per il dialogo con la storia. Qui manca un rapporto tra architettura contemporanea e storia — dichiara — manca il dialogo con la complessità del fianco della basilica».
Sant’Andrea, capolavoro di Alberti realizzato per lo più da Luca Fancelli è un manifesto del Rinascimento: riprende in pianta il modello della basilica etrusca e all’esterno ritroviamo indicazioni contenute nel «De re aedificatoria» del 1452, primo trattato di architettura dell’età moderna.
«Tutto è problematico nel progetto presentato: la lama d’acqua, la panca al sole e gli alberelli, la pavimentazione in pietra tripartita che vorrebbe dialogare, ma non riesce, con la facciata in cotto: inquadrare la facciata in cotto sulla parte orizzontale è un errore; se sei davanti a una pagina di storia dell’architettura o non fai niente o progetti il nuovo».
Si valuta solo sul rendering, dicono? «Il progetto in rendering è il modo di parlare dell’architettura. La verità è che ci si dovrebbe rivolgere a degli architetti del patrimonio capaci di rapportarsi con centri storici».
Oltre al Politecnico sono in allarme anche Italia Nostra, la Société Internationale Leon Battista Alberti che ha sede a Parigi (la Société pubblica la rivista semestrale «Albertiana») e, timidamente, anche l’Ordine degli Architetti di Mantova. Come proseguire, allora?
«Il sovrintendente chiederà dei correttivi e ci saranno sempre compromessi».