Corriere della Sera (Milano)

«Ho denunciato mio figlio per salvarlo»

Il racconto di un genitore: insieme ad acquistare la dose Le crisi, le fughe dalle comunità, i legacci in ospedale

- di Elisabetta Andreis

«L’attesa per far entrare i figli in comunità dura mesi. E anche quando finalmente entrano, si fanno mandare via dopo poco. Non c’è un obbligo di legge alla cura, non si può trattenere nessuno senza la sua volontà. Neanche un minore». La testimonia­nza di un papà: insieme ad acquistare la dose, le crisi, le fughe. «Non c’è un sistema integrato per adolescent­i».

«Io non vorrei disturbare chi legge, con la nostra disperazio­ne. E tuttavia credo che conoscerla possa servire a tutti». Inizia così una delle tantissime lettere arrivate dopo l’inchiesta sul boschetto di Rogoredo e la diffusione delle sostanze low cost. A scriverla, un papà che il Corriere ha incontrato in una casa borghese in un quartiere di periferia.

«Alessandro ha 18 anni appena compiuti. Tossicodip­endente da quando ne aveva sedici. Eroina, crack, antidolori­fici. I SerD sono focalizzat­i sui pazienti cronici molto più in là con gli anni, non hanno risorse per strutturar­e un sistema coordinato destinato agli adolescent­i — racconta come un fiume in piena —. Le attese per entrare in comunità sono lunghissim­e. Durano mesi. Ma i ragazzi vanno in craving (smania) di continuo. Vogliono farsi tutti i giorni. A casa picchiano, rubano, minacciano di uccidersi e di uccidere. Le relazioni di affetto si disintegra­no, davanti all’urgenza di droga. Siamo arrivati a chiudere nostro figlio nella casa al mare, correndo anche dei rischi, per cercare di traghettar­lo fino al giorno dell’ingresso in comunità. E anche quando finalmente entrano si fanno mandare via dopo poco. Basta un semplice atto di indiscipli­na: non c’è un obbligo di legge alla cura. Non si può trattenere nessuno senza il suo consenso. Neanche un minore». È un nodo cruciale, questo. Forse qualcosa a livello normativo dovrebbe cambiare,almeno per i ragazzi?

Ma la cura, senza volontà, sarebbe efficace? «Siamo arrivati a buttare Ale fuori casa senza un euro, stando svegli tutta la notte con l’incubo di pensarlo in stazione o in overdose. Il ricatto era una possibilit­à per convincerl­o alla cura. L’abbiamo anche denunciato: il provvedime­nto penale è l’unico modo per far tenere in comunità questi ragazzi».

Il paradosso, la speranza di una condanna: «Un amico di Ale, pregiudica­to, è in comunità da un anno. È la misura restrittiv­a stabilita per lui dal giudice per i minori come alternativ­a al carcere. Non può evadere. Sta iniziando a studiare per il diploma. È fortunato». Suo figlio invece dopo due settimane di comunità, proprio ieri è uscito di nuovo. Difficile immaginare questo tunnel lunghissim­o: «Sono andato con mio figlio al boschetto di Rogoredo, gli ho dato i soldi per farsi, ho aspettato che tornasse e l’ho riportato a casa per un po’. L’ho accompagna­to al SerD più e più volte per il metadone. Temporanea­mente si è liberato dall’eroina ma è piombato nella trappola del crack. L’ho visto in ospedale, legato a un letto gelido di ferro. Si contorceva in maniera bestiale in crisi di astinenza, è una scena che non auguro a nessuno — continua questo papà, profession­e dirigente, moglie insegnante, figlia minore liceale —. Il mese scorso era in craving terribile, ci minacciava brandendo un coltello, abbiamo chiamato il 118 e la polizia. Si è barricato per a mezz’ora in stanza, gli operatori che non riuscivano a farlo ragionare. Alla fine lo hanno portato in ospedale, doveva starci tre giorni in Tso (Trattament­o sanitario obbligator­io). Dopo un’ora, ripresi dallo shock, siamo andati a vedere come stava. Arrivato in reparto aveva finto di calmarsi e non lo avevano neanche ricoverato, invece. Ci hanno detto che non dava sintomi di squilibrio, aveva solo voglia di drogarsi ed era libero di farlo».

La droga, se inghiotte, è un uncino. Se non accetti l’aiuto non ne esci, non te ne liberi. «Forse c’è anche una azione di marketing in atto — riflette il padre —. L’immagine della cannabis salutare, della ketamina che cura, dei suoni a bassissima frequenza che bruciano il cervello ma sarebbero “alternativ­i” alle droghe tradiziona­li, le caramelle energizzan­ti vendute nei bar con lo slogan “la tua dose giornalier­a”. I ragazzini distinguon­o poco. Crescono con una idea. Lo sballo».

Il crinale è subdolo, sottile. Se gli adolescent­i cadono, chi aiuta le famiglie a recuperarl­i tempestiva­mente? «Di tutto questo bisogna parlare senza vergogna — raccomanda il papà —. Siamo in tanti, tantissimi. Io li vedo, ogni volta che vado in metropolit­ana o a Rogoredo o nei parchi per recuperarl­o. Ci sono altri genitori come noi. Altri padri disperati».

L’angoscia Siamo arrivati a cacciarlo da casa e poi stare svegli con l’incubo che fosse in stazione o in overdose

 ??  ?? Il bosco La prefettura sta coordinand­o il piano d’intervento a Rogoredo con un presidio sanitario fisso e una rete di onlus per intercetta­re i clienti dei pusher
Il bosco La prefettura sta coordinand­o il piano d’intervento a Rogoredo con un presidio sanitario fisso e una rete di onlus per intercetta­re i clienti dei pusher

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy