Ottavio Dantone sul podio per il ritorno di Cenerentola
Dantone apre una nuova prospettiva sull’opera di Rossini ripristinando un ritmo più scattante, dall’ouverture al finale
«Il mio personaggio preferito? Dandini il cameriere!», Ride di gusto Ottavio Dantone, d’altronde l’ironia è ingrediente fondamentale dell’opera rossiniana e il cibo era la passion predominante del pesarese, vero gourmand che a Parigi si faceva recapitare prelibatezze italiane dop da innaffiare con abbondante Bordeaux. A Parigi Dantone ha già diretto «Cenerentola» dodici volte, «ma sempre nello stesso allestimento; tra poco la farò anche a Monaco, ma questa è la mia prima volta in Italia». Stasera «Cenerentola» torna alla Scala, dove Dantone ha già affrontato Rossini («Il viaggio a Reims») nel meraviglioso allestimento creato nel 1973 da Jean-Pierre Ponnelle. Quarantasei anni e non sentirli: «Eccezionale, perché nella sua composta eleganza la povertà di Cenerentola può essere realistica ma allo stesso tempo non crudamente esibita: tutto qui è nobile, anche gli stracci indossati dalla povera fanciulla», riflette Dantone.
Al maestro il compito di proporre «Cenerentola» in una prospettiva nuova per il pubblico scaligero: è un barocchista, con gli strumenti antichi dell’Accademia Bizantina ha portato in tutto il mondo Bach, Handel e Vivaldi, eppure sempre più spesso proprio i direttori-filologi vengono chiamati a dirigere Rossini. «Veniamo da un passato, il Settecento, che è vicino all’autore più di quelle tradizioni esecutive canonizzatesi nel corso del Novecento: non pretendo di scoprire il Rossini “originale” né credo che la tradizione abbia solo tradito le intenzioni del compisco positore, ma sicuramente ci sono vari aspetti che vanno rivalutati, ad iniziare dal ritmo».
Sembra assurdo: spesso le esecuzioni dei barocchisti hanno tempi più rapidi e nervosi di quelli tradizionali, ma è possibile accelerare ulteriormente i Crescendo rossiniani? «Quelli no, ma sono stati rallentati i tempi degli altri momenti; prendendo come riferimento le colorature dei cantanti, i passaggi più virtuosistici, per permettere di eseguirli con agio si è finito col rallentare tutto; io tento di ripristinare un ritmo più scattante, le cascate di note si possono eseguire bene lo stesso alleggerendo la voce. Sarà più rapido anche l’attacco orchestrale dell’ouverture: non è un’introduzione solenne, è un anticipo del ritmo che scandirà l’opera». Nella cui architettura Dantone stabilisce gerarchie forse sorprendenti, ad iniziare dal ruolo del personaggio eponimo: «Cenerentola? A bene vedere l’unica vera aria solistica è quella finale, “Nacqui all’affanno, al pianto”, il cui rondò successivo è tra l’altro preso dal Barbiere di Siviglia; non considero una vera aria la cantilena iniziale “Una volta c’era un re”, non ca- perché venga così sottolineata. Anche Don Ramiro, il principe, a mio avviso è un personaggio meno interessante di Dandini, che deve spacciarsi per il principe, e di Alidoro, che del principe è il precettore e che prima si traveste da mendicante per saggiare l’indole di Cenerentola e delle sorellastre, poi dà il là alla girandola dei travestimenti». Ed è qui che Rossini esalta il suo genio musicale: «Più che le arie in sé, è stupefacente come sappia creare ingranaggi perfetti: pensiamo al quintetto “Signore, una parola” o a “Questo è un nodo avviluppato”, un fugato a sei voci complicatissimo che però deve sembrare fresco e semplice. Forse era anche una parodia dell’opera romana, che aveva censurato alcune sue opere».
Dopo 46 anni l’allestimento di Ponnelle resta eccezionale e sublime nella sua composta eleganza
Noi barocchisti veniamo da un passato che è più vicino all’autore di certe tradizioni canonizzate nel ’900