«Io insultato. Ed espulso»
Kam giocatore del Robbio: sbagliato far finta di niente
«Mi ha detto negro di m..., l’arbitro ha sentito e ha ignorato l’insulto. Ho reagito, ma il direttore di gara non ha fatto il suo dovere». Kader Kam giocatore ivoriano della squadra di basket del Robbio (Serie C) è stato espulso dal campo.
I video delle sue schiacciate spettacolari hanno fatto il giro del mondo. Per capire la magia delle sue evoluzioni acrobatiche con la palla arancione basta affidarsi agli occhi estasiati dei bambini che assistono ai voli sopra il ferro (salta 110 centimetri) durante le esibizioni dei «Da move». Kader Kam è uno dei pilastri del gruppo più famoso in Italia del basket freestyle però è anche un giocatore delle «minors», le serie minori della pallacanestro. Venerdì sera, durante una gara di Serie C Silver giocata a Sedriano, stava guidando con 26 punti la Fluidotecnica Robbio al successo sulla squadra di casa, l’Ardens. Nel finale però gli animi si sono accesi: il 31enne nato a Abidjan, in Costa d’Avorio, ha sentito un epiteto razzista, ha chiesto vanamente tutela all’arbitro e nell’azione successiva ha reagito tentando di assestare una gomitata a chi lo aveva insultato.
«Sono in Italia dal 2002, avevo vissuto episodi di razzismo ma mai sul campo da basket — spiega Kader —. Mi stavo smarcando, lui mi ha trattenuto. Allora ho urlato e lui mi ha detto “Che caz… vuoi, negro di m…?”. Mi sono agitato e ho chiesto all’arbitro “Hai sentito? Hai sentito?”. Volevo che fermasse il gioco. Invece lui ha fatto proseguire, e quel ragazzo si è avvicinato a me con fare provocatorio. A quel punto sono scoppiato, si è chiusa la vena, ho cercato di colpirlo con una gomitata ma non sono riuscito a prenderlo». A quel punto l’espulsione è stata inevitabile: «L’insulto l’hanno sentito tutti, anche i suoi compagni che sono intervenuti. Sono stato ignorato. Se il direttore di gara avesse fatto il proprio dovere, tutto questo non sarebbe successo. Non intendo farmi dare del negro da nessuno, tanto meno del negro di m… da una persona che non conosce il significato delle parole che pronuncia. Ho fatto un errore e mi spiace perché rischio una squalifica che danneggia la mia squadra. A mente fredda dico che avrei dovuto lasciare il campo». Almeno per ora non c’è nessuna voglia di un contatto: «Se mi chiamerà, sentirò le sue ragioni. Non ho nessun rancore, anche se non mi sono arrivate scuse da parte sua o della società. Ho avuto un momento di frustrazione che poi è sfociata in rabbia. Non voglio creare polveroni, voglio solo che sia squalificato lui e chiunque altro faccia cose simili in futuro. Non ha senso far finta di niente, non si può continuare a tacere su questi episodi».
Kam chiede un cambio di mentalità: «Ho sempre creduto che in campo queste cose non potessero succedere. Quando a 15 anni ho raggiunto mia madre in Italia, il basket mi ha aiutato nel percorso d’integrazione. È stato un grande compagno perché mi sono ritrovato solo e senza conoscere una parola d’italiano. Prendere la palla e andare a giocare era l’unica cosa che avevo quando lei andava a lavorare. Credo che sia necessario porre più attenzione sulla necessità di ricordare la storia. Quelle parole mi ricordano fatti successi realmente. E io ci sto male. Se ne parla con troppa leggerezza, non si deve scherzare su queste cose. È successo anche con il caso dei buu a Koulibaly: si trovano scuse per creare confusione nella mente di chi è ignorante. Questo è davvero triste e non lo accetto».
Reazione Il direttore di gara ha sentito tutto e non ha fatto il suo dovere Doveva fermare la partita Ho perso la testa Avversario Né lui né la sua società si sono scusati Voglio che sia squalificato, non si può più tacere su questi episodi