Corriere della Sera (Milano)

Gioie e drammi del dietro le quinte

Familie Flöz, tre attori raccontano il teatro

- Livia Grossi

Sono davvero rari gli spettacoli di teatro d’animazione che possono vantare un successo internazio­nale, «Teatro Delusio» della compagnia Familie Flöz è tra questi: in otto anni ha conquistat­o 32 Paesi e al Festival di Edimburgo 2016 è stato l’unico su 3.800 titoli a ricevere dalla critica una pioggia di stelle. Il segreto? Una miscela di poesia e comicità dove le maschere, nella totale assenza della parola, danno vita alla forza delle emozioni, ma anche una vera festa per gli occhi: in scena in un tripudio di costumi, un intero corpo di ballo con tanto di orchestra e cantanti, un miracolo di trasformis­mo realizzato da tre attori per trenta personaggi. I protagonis­ti della messa in scena sono Bern, Ivan e Bob, tre tecnici e i loro sogni.

«L’idea di girare il palco è nata a Trento mentre in platea attendavam­o che finisse il montaggio», afferma subito Gianni Bettucci, uno dei componenti della Familie Flöz, «solitament­e sotto i riflettori ci sono sempre gli artisti, mai chi lavora dietro le quinte, questo spettacolo è un omaggio a chi lavora in teatro e non è mai in scena, dai tecnici alla donna delle pulizie». Sul palco, con il linguaggio del corpo e delle emozioni, le maschere rappresent­ano i sentimenti di Bern, il tecnico innamorato della ballerina, étoile del «Lago dei Cigni», e mentre il cuore del suo collega Ivan batte invece per la cantante, il soprano Maria (Callas?), Bob sogna di diventare un grande attore: un gioco di realtà e finzione dove backstage e palcosceni­co diventano una sola cosa, e lo svelamento della realtà conferma quel «Teatro Delusio», titolo dell’opera.

Un gioiello scenico molto amato dal pubblico, ma anche dagli addetti ai lavori che qui si riconoscon­o tra tic, paure e sospiri: «Ci siamo divertiti a prendere un po’ in giro il mondo teatrale», sottolinea Bettucci, «dai ballerini ai mu- sicisti, attori e cantanti d’opera, c’è una grande ironia certo, ma c’è humor e ironia, mai sarcasmo». Il risultato? Novanta piacevoli minuti di spettacolo per un lavoro che, senza una parola, riesce a parlare con spettatori di tutte le età, seguendo una scelta precisa: «Abbiamo deciso di usare maschere perché ci interessa far arrivare le emozioni, ovvero tutto ciò che unisce le persone da un punto all’altro del mondo, se una maschera si arrabbia lo capisce un bambino di 4 anni come un anziano». Infine un altro segreto del loro successo: «Il pubblico ci ama perché siamo clown, ovvero mostriamo i nostri fallimenti con ironia».

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Poetico Una scena di «Teatro Delusio», gli attori recitano nel retropalco

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