Corriere della Sera (Milano)

Un patto mai scritto e lo choc sui decimali

- di Giampiero Rossi

Quando

lo scopri sei già alla cassa. «Uno e dieci, grazie» dice il barista, di solito guardando ostentatam­ente da un’altra parte, evitando di incrociare il tuo disappunto. Ogni volta è come un piccolo tradimento, la violazione di un patto mai scritto: una moneta per una tazzina. È vero, come raccontano i baristi: ci sono costi lievitati e margini erosi. Ed è vero che molti di noi i dieci e i venti centesimi li sprecano in mille modi senza batter ciglio. Ma il decimale in più sul caffè è sempre un piccolo choc. Perché il bar è un punto di riferiment­o, un rifugio sicuro, anche per pochi minuti, e il barista è amico per antonomasi­a. Perché offre ospitalità. E l’architrave di questo è proprio il caffè, sinonimo di incontro, pausa, conversazi­one. Insomma, quei quattro o cinque centilitri di bevanda calda sono la pietra angolare della conviviali­tà e, per chi li sorseggia in splendida solitudine, la base del volersi bene. Quindi, cari baristi, se davvero i tempi esigono che il tacito patto sia rinnovato con un adeguament­o di dieci o venti centesimi, fate un gesto di coraggio e lealtà: rendete chiaro da subito a chi entra se il caffè ha un prezzo «diverso». Altrimenti diventa istintivo sentirsi sempre più legati a quei vostri colleghi pronti a rinunciare a qualche margine di guadagno pur di non perdere noi, i loro clienti.

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