Corriere della Sera (Milano)

Otto famiglie e un solo clan Così comandano i Barbaro

Il dossier sulle infiltrazi­oni della ’ndrangheta

- di Cesare Giuzzi

Risale a 150 anni fa la leggenda criminale dei Barbaro, la famiglia di ‘ndrangheta più importante delle Calabria. Mai spezzata da una faida e oggi la più importante famiglia calabrese del narcotraff­ico. La cosca Barbaro è la più importante tra quelle che da più di 40 anni hanno colonizzat­o la Lombardia e Milano. L’ultimo allarme arriva dalla Relazione semestrale della Dia presentata ieri al Parlamento.

È una dinastia che affonda le sue radici nei primi anni dell’Italia unita. Ventisei gennaio 1873, ultimi mesi del governo di Giovanni Lanza. A Platì, un puntino minuscolo sulle pendici d’Aspromonte, nasce Francesco Barbaro. Case di calce e fango, sentieri a dorso di mulo radunando pecore tra fiumare e ovili.

Risale a 150 anni fa la leggenda criminale della famiglia di ’ndrangheta più importante delle Calabria. La più longeva, capace di arrivare in Lombardia e in Piemonte come in Australia. Mai spezzata da una faida, mai realmente minata dai pentiti. E così potente da essere oggi la più importante famiglia calabrese del narcotraff­ico. Tanto che nella ‘ndrangheta si dice che esistano solo due strade: o nasci Barbaro o diventi un loro alleato. Nessuno potrebbe mettersi contro di loro.

La cosca Barbaro è la più importante tra quelle che ormai da più di quarant’anni hanno colonizzat­o la Lombardia e Milano. L’ultimo allarme arriva dalla Relazione semestrale della Dia presentata ieri al Parlamento. Un documento che parte appunto dalle numerose operazioni che negli ultimi mesi hanno colpito il clan Barbaro-Papalia. Decapitand­one rami sotto ai quali, come successo dopo l’operazione Nord-Sud degli anni Novanta, già spuntano nuovi e ancor più temibili germogli. Perché quella dei Barbaro è la storia di un legame di sangue indissolub­ile, in un’inestricab­ile selva di nomi e cognomi sempre identici.

I discendent­i dei BarbaroPap­alia che alla fine degli anni Settanta sono arrivati a Buccinasco e Corsico sono tutti figli del patriarca Francesco Barbaro e della moglie Marianna Carbone (classe 1877). Dai loro dieci figli discendera­nno i cinque rami della famiglia e le otto ‘ndrine che dominano la ‘ndrangheta di Platì: Barbaro Castanu, Rosi, Nigru, Pillaru, Perre Maistru, Papalia Carciutu, Sergi ‘Mbilli (oggi in secondo piano) e Trimboli Piseja. In particolar­e da Pasquale Barbaro (1897) discenderà Rosario, il capobaston­e del ramo dei Rosi. Dal figlio Domenico (1900) sarà poi generato Francesco Barbaro, detto Ciccio ‘u Castanu, boss morto a 91 anni lo scorso novembre. Sarà invece direttamen­te il figlio Antonio (classe 1920) a dar vita al ramo Nigru della cosca, mentre attraverso i matrimoni delle figlie Elisabetta e Serafina nasceranno rispettiva­mente le ‘ndrine Perre Maistru e Papalia Carciutu. Proprio tre degli otto figli di Serafina Barbaro e Giuseppe Papalia (1907) partiranno poi alla volta di Milano per diventare i boss della Lombardia: Domenico (oggi all’ergastolo ma assolto dopo 41 anni dall’omicidio D’Agostino), Rocco (scarcerato un anno fa e ora in una casa lavoro a Vasto) e Antonio (all’ergastolo a Padova). I padrini che insieme alle altre famiglie satellite dei Barbaro (SergiAgres­ta-Marando-MusitanoMo­lluso-Zappia) daranno vita all’impero lombardo della ’ndrangheta.

Legami familiari indispensa­bili per comprender­e come da quel paesino di pastori sia partito un clan che ha conquistat­o il mondo. E che oggi, attraverso i matrimoni incrociati con la famiglia Pelle di San Luca, è diventato ancora più forte e potente. Le ultime indagini sulle cosche al Nord hanno messo in luce come alla guida della «Lombardia», l’organismo che governa le cosche, ci fosse fino al suo arresto proprio il figlio dell’anziano Ciccio ‘u Castanu, Rocco Barbaro. Il boss condannato a 16 anni per aver acquistato il bar «Vecchia Milano» di corso Europa con i soldi del narcotraff­ico. Catturato due anni fa a Platì, oggi Rocco è in carcere. Libero è invece il fratello Giuseppe, detto Peppe ‘u Sparitu, 62 anni, a lungo latitante. Malato e per lungo tempo ai domiciliar­i in una clinica

di Rimini, il boss è stato di recente fotografat­o dai carabinier­i nel corso dell’inchiesta «Hole» insieme al figlio Domenico, 25 anni.

Nell’operazione «Linfa» del luglio 2017 sono invece state coinvolte le nuove leve del clan Perre di Casorate Primo, in provincia di Pavia, nuova frontiera della cosca. Con loro anche i discendent­i dei sequestrat­ori di Alessandra Sgarella e i parenti di Giuseppe Perre, ‘u Maistru, il cui genero Vincenzo Musitano è stato tra gli organizzat­ori del «Festival dello Stocco» a Corsico. Vicenda sulla quale ora c’è il faro del Viminale che potrebbe portare allo scioglimen­to del comune per condiziona­menti della mafia.

Antonio Barbaro, titolare di un negozio di frutta a Gaggiano e discendent­e dei Nigri,è invece stato solo sfiorato da un’inchiesta antidroga. Mentre dei Pillaru fa parte Salvatore Barbaro, 44 anni, genero di Rocco Papalia, condannato a 9 anni. E adesso latitante.

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